I CODICI DEL LINGUAGGIO E DELL'ARTE PREISTORICA.

lunedì 17 marzo 2008

GOBEKLI TEPE :LA TRADUZIONE

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STUDI RECENTI HANNO DIMOSTRATO MATEMATICAMENTE QUANTO FOSSERO MOLTO PIÙ COMPLESSE E ANTICHE LE CONOSCENZE DI GEODESIA E ARCHEOASTRONOMIA ATTRIBUITE AI COSTRUTTORI DELLE PIRAMIDI DI GIZA O DEI SITI MEGALITICI BRITANNICI.LA SCOPERTA È AVVENUTA PESANDO CON UNA BILANCIA DI PRECISIONE, ALCUNI ONFALOS PREISTORICI DECORATI ,TUTTI COPIE DI UN ORIGINALE ,REALIZZATE IN STILI DIVERSI .LE CIFRE IN GRAMMI COSÌ OTTENUTE CON DUE NUMERI DOPO LA VIRGOLA ,SONO RISULTATE CORRISPONDENTI A PRECISE COORDINATE E A MISURE DEL NOSTRO PIANETA ,IN CHILOMETRI. LA SCELTA DEI 7 PRINCIPALI CODICI CHE SI VOLLERO TRAMANDARE NON FU CASUALE, FURONO UTILIZZATI SOLO QUELLI CHE, INCROCIATI CON OPERAZIONI DI MOLTIPLICAZIONI E DIVISIONI, DAVANO COME RISULTATO ALTRI CODICI GEODETICI, INERENTI A FORMULE PROPIZIATORIE PER OTTIMIZZARE L’AMBIENTE A MISURA D’UOMO. TALI OPERAZIONI ERANO DA CONSIDERARSI SOLO PER I NUMERI CHE SI TROVAVANO ACCOSTATI IN PRECISE SEQUENZE. NON È UN CASO SE NOI ANCOR OGGI CON TRE DIVERSE SEQUENZE DI QUESTE SERIE DI CIFRE, DIVISE SU ALTEZZA E METÀ BASE, POSSIAMO TRACCIARE I PROGETTI PRECISI E COMPLETI DEGLI SPACCATI INTERNI DELLE TRE PIRAMIDI PRINCIPALI DI GIZA,UTILIZZANDO SOLO UN COMPASSO. TALI CONOSCENZE DOVEVANO GIÀ ESSERE NOTE AI SACCHEGGIATORI DELLA PIRAMIDE DI MICERINO ,DATO CHE ALCUNE COORDINATE DETERMINATE DAI SUDDETTI CODICI, SPIEGANO IL PERCHÈ DEL VERTICALE TENTATIVO FALLITO. IN PRATICA NON LO SAPEVAMO, MA ESISTONO 7 COORDINATE CON LE QUALI È POSSIBILE SPIEGARE TUTTA LA FISICA ,LA MATEMATICA, I CALENDARI, LA GEODESIA, L’EVOLUZIONE E L’ORIGINE DELLE DIVERSE UNITÀ DI MISURA DEL NOSTRO PIANETA TERRA. AUTORE VALDITURRITE .

IL CENTRO RICERCHE RESPONSABILE DI QUESTA INDAGINE, SI È SEMPRE AUTOFINANZIATO E NON HA MAI USUFRUITO AIUTI DA NESSUNA UNIVERSITÀ .SI CERCANO VOLONTARI PER AMPLIARE I PROGRAMMI. AL MOMENTO QUESTE RICERCHE SONO STATE RICONOSCIUTE SOLTANTO IN GERMANIA.



IL TRIANGOLO ; ITALIA; INGHILTERRA; EGITTO


David Furlong, nel suo libro “le chiavi del tempio “da bravo topografo ha pubblicato anche una scoperta molto importante e in parte senza saperlo. La sua scoperta vede dei siti megalitici britannici orientati e allineati su due grandi circonferenze ampie quanto un intera regione, racchiudere al centro dello spazio circoscritto dalle intersezioni delle circonferenze precisi punti di riferimento di un triangolo, gli angoli dei quali corrispondono alle inclinazioni precise della più grande piramide conosciuta ,quella di Keope.Quello che ha lasciato scoprire ai lettori, è il fatto che intersecando con altrettanta precisione tutti i punti di riferimento allineati sulle circonferenze, posti ad indicare la presenza dei siti megalitici e altre opere affini, (anche quelli non più direttamente visibili perché sovrapposti da altre costruzioni),si ottengono, sulla proiezione della stessa piramide anche moltissimi altri punti con i quali si evidenziano anche tutti gli spaccati interni (sale e corridoi)della prestigiosa piramide. Quante sono le possibilità che si tratti solo di un caso?Ma ecco perché vi ho riportato questi dati.Quello che Furlong e gli altri invece non potevano sicuramente sapere è che le intersezioni, derivanti dai siti principali da lui riportati, evidenziano i punti di riferimento corrispondenti alle “distanze sulla base della piramide dettate dai pesi dei codici geodetici” già illustrati e che con tutta probabilità furono alla base di entrambi,i progetti.
I CODICI GEODETICI DI GOBEKLI TEPE
I documenti e i reperti che ci offre al momento l'archeologia ufficiale non permettono di confrontare le mie ricerche con altri studi simili, perchè semplicemente non esistono e per tanto non me ne vogliate se prima d'ora ho potuto presentare i risultati delle mie ricerche solo a livello matematico. Presi questa decisione per impedire che un mare di critiche si riversassero sù un argomento cosi serio, e i fatti mi hanno dato ragione, c'è stato chi a tentato lo stesso.
Oggi siamo in un altra era, l'archeologia ufficiale sta capitolando davanti a dei templi preistorici vecchi di 11000 anni e finalmente si appresta a riscrivere molte pagine della storia e dell'evoluzione del nostro intelletto. GOBEKLI TEPE suona ancora misterioso, ma non è affatto così, al momento vi sono molte teorie sulla funzione di questo sito, il che vuol dire che tutte tranne una sono false, il tempo sapra giudicare.
La fortuna vuole che tra i 240 pilastri megalitici che formano i 15 cerchi monumentali ce ne siano alcuni tutti decorati con singolari ideogrammi.
I TRE PILASTRI DECORATI DIGOBEKLI TEPE sono per noi come la stele di rosetta, e rimarranno per sempre come un tempo a fare da ponte tra l'antica scrittura preistorica scolpita sulle selci e le scritture sorte con le prime civiltà.
Quella che segue è la mia tesi sulla sulla traduzione delle steli più significative:

Gobekli tepe



Stele del cinghiale e della volpe:


Fra tutti quelli fin ora riportati alla luce, questo pilastro stele, è sicuramente quello più importante.
I differenti motivi non si possono tutti chiaramente vedere come la fattura e i contenuti, il più importante è il ruolo che rivestirà nel permettere la decodificazione di questo linguaggio.
Questo pilastro è strettamente collegato a quello dei condor e dello scorpione, anche se non sono dello stesso stile riconducono entrambi allo stesso codice geodetico. Anche i sistemi di scrittura sono molto simili ma mettono in evidenza, oltre ad un ideologia comune, il ruolo di miti diversi, forse non sono dello stesso periodo ma lo schema interpretativo è immutato.
Le associazioni vedono quindi derivare, senza ombra di dubbio, queste rappresentazioni da un unico originale. Posso affermarlo con sicurezza in quanto il sistema di scrittura è quello dei geroglifici che riproduce fedelmente un originale: la scrittura a specchio.
La datazione attribuita a queste vestigia, rende la scoperta ancora più importante per diversi motivi. In primo luogo perché permette di stabilire con precisione che gli onfalos geodetici erano molto più antichi e che erano già uniti prima delle piramidi di stonehenge e giza, dato che l’archeologia ufficiale non si è mai preoccupata di prenderli in considerazione. E’ per questo motivo che non ho fatto ancora pubblicazioni sulle loro decorazioni, in proposito vi ricordo e sottolineo che le centinaia di pagine che ho finora pubblicato, tendono ad analizzare solo il loro aspetto matematico e fisico derivante dai loro pesi.
Un immenso lavoro iconografico ed ideografico, giace però addormentato da 20 anni, si tratta di tutto lo studio fatto sulle selci decorate che hanno permesso di arrivare, all’inizio, a ritrovare gli onfalos geodetici stessi, ed in un secondo tempo ad interpretarne le decorazioni.


Il primitivo sistema interpretativo dei codici attraverso le selci decorate che li riproducevano.

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Finora questi studi mi hanno però permesso di costruire dei programmi di ricerca innovativi per indagare tutte quelle antiche civiltà dove questi codici sono stati: fondamentali e alla base della cultura tanto da trasparire in ogni genesi e in ogni schema religioso delle divinità. Così ora rimane per me molto facile riconoscere e decodificare ogni sorta di rappresentazione lapidea antecedente al 3000 a.C., Al di là di quanto questa possa essere antica dall’Europa all’Asia all’africa.
In questo caso ci troviamo di fronte ad un sistema di “steli di rosetta” che mette completamente in luce quale sia il collegamento culturale fra la preistoria e le antiche “civiltà, cosi come le intendono nel mondo accademico universitario”.
Prima d’ora avevo a disposizione solo scritture a specchio su selce e bisognava ritrovare, di ogni personaggio rappresentato sui codici, molte riproduzioni finemente scolpite che ne ri proponessero gli attributi, allora più considerati, in modo tale da stabilire quale fosse la giusta estrapolazione di ogni figura, e poi ricercarla tra le iconografie delle civiltà indagate, il sistema ha dato nel tempo grandissimi risultati e ha anche permesso di stabilire contatti, associazioni e cronologie insospettate fra le antiche civiltà.
Dove sta allora il problema? Perche gli altri studiosi e ricercatori non si avvalgono degli stessi sistemi? Sarebbe troppo lungo fare ora un nuovo processo a queste gravi carenze. Per rendersi conto
di quanto sia grande questo problema e delle difficoltà incontrate da chi può aver provato ad intraprendere questa strada, è sufficiente leggere il “testamento culturale” lasciato da Piero Tellini, un pioniere in materia e mio predecessore.
Era un noto personaggio contemporaneo, uno scenografo famoso che cambiò la sua vita per dare
un suo contributo disinteressato alla scienza.


Il nuovo sistema interpretativo.



Dato che ci troviamo di fronte a delle steli ben decorate a rilievo, qualcuno potrebbe pensare che ci sia stato un passaggio evolutivo nel sistema di riprodurre le immagini degli onfalos geodetici, ma non è esattamente così. Anche questa scrittura è a specchio e si avvale del naturale e spontaneo sistema di porre in evidenza i soggetti interessati, però ci sono delle sostanziali differenze di fondo che rendono praticamente impossibile anche solo mettere in relazione i stessi contenuti geroglifici dei codici rappresentati sulle selci decorate con quelli riprodotti sui pilastri.
A parte il fatto che per incidere e decorare finemente una selce o un'altra pietra molto dura richiedeva un abilità soprannaturale, stiamo parlando di micro sculture perfette e quindi al confronto questi pilastri decorati potrebbero essere paragonati a delle scritte fatte con le bombolette sui muri, quindi al massimo potremmo parlare di involuzione e non di evoluzione.
Al di là del fatto che queste rappresentazioni facciano parte di un grosso sistema costruttivo realizzato per essere immediatamente visto da tutti alla “stessa maniera”, la prima grande differenza sta nel fatto che qui le rappresentazioni dai tratti umani non sono “direttamente” rintracciabili. Quindi il punto è questo: al momento siamo in grado di dare un corretto valore alle figure di questo pilastro di riferimento interamente decorato e scritto, ed in più sappiamo cogliere dei particolari invisibili, perché fortemente stilizzati, i quali fra l’altro sono i riferimenti alle uniche rappresentazioni con lineamenti umani, naturalmente però riferiti a divinità o a
grandi sovrani.

Le innovazioni


Fra le testimonianze di diverse civiltà, spesso ritenute misteriose o indecifrabili, vi sono scritture a specchio, le quali venivano utilizzate per lo più per indicare o distinguere le diverse formule o posizioni in cui si voleva procedere per interpretare una litolatria, quindi non essendo importante il contenuto andavano a scomporre le parti colorate dell’originale per macchie di diverso colore, quelle che poi andavano a riprodurre sempre con una scrittura a specchio. Inoltre in alcuni casi si spingevano ad attribuire a queste macchie una forma geometrica standard, fino anche a riprodurle per gruppi, dove erano associate per forma.
A volte, quelle che avevano forme geometriche venivano riprodotte con nuovi ideogrammi geometrici-composti di dimensioni minori, questa è la vera rivoluzione, perché non dimentichiamo, che prima d’ora ogni figura rispettava rigorosamente posizione e dimensioni rispetto alle altre sovrapposte, altrimenti sarebbe stato impossibile distinguerle. Questa è anche la caratteristica che distingue la stele dello scorpione e dei condor da quella del cinghiale.

Con questi sistemi riuscivano a mettere bene in evidenza e quindi a riconoscere senza ombra di dubbio la figura riprodotta e contemporaneamente indicare la sua precisa posizione che aveva sull’originale dalla quale derivava. Per tanto non occorreva più dover riprodurre le altre figure alle quali si soprapponeva o con le quali coincideva o anche solo parte di queste, come invece era necessario fare per le piccole riproduzioni e le stilizzazioni sulle selci.
Per questo motivo troveremo molte più figure dalle fattezze umane stilizzate e quindi
mimetizzate scolpite sugli utensili di pietra.



LE DIVINITA' E LA"NON SCRITTURA INVISIBILE"



Da un insieme di queste stilizzazioni deriva anche un altro tipo d’ideogramma, quello che caratterizza e differenzia la stele del cinghiale. E’ il più importante e il più criptato, non a caso utilizzato per ricordare la vera divinità, quella dall’aspetto umano.
Prima di proseguire cercherò di spiegare un concetto nuovo mai neanche immaginato prima d’ora, talmente insospettato che neanche io avevo considerato, il quale tutto sommato era molto pratico per rendere a queste divinità il concetto di grandezza, astratto e surreale.
Nella breve premessa ho sottolineato quanto vasto sia il contenuto derivante anche solo dal peso di ognuno di questi codici, o dalla sua forma, il che va ovviamente riferito ad ogni divinità principale che li caratterizza. Tanto più oggi che li avevamo dimenticati, come allora, entrare nel dettaglio solo di alcune immagini per circoscriverne i contenuti è assai difficile. Ce ne possiamo rendere conto dal fatto che tutt’ora per spiegare una loro parola scritta ci servono decine di pagine. In pratica questo antico sistema di tramandare dei codici tutti sovrapposti su piccole pietre, non si avvaleva di sistemi di scrittura per indicarne i particolari, bensì di una non scrittura molto mimetizzata fino ad essere invisibile.
Significa che si era arrivati, tramite questa sorta di scrittura a specchio, con suddivisione per macchie, a realizzare un perfetto meccanismo di retinizzazione. Questo particolarissimo e inusuale sistema, offuscava le immagini attorno al soggetto ben definito, lasciandole però rintracciabili a chi conosceva il codice originale dal quale derivavano e la possibilità di coglierne un significato più ampio.
I riquadri del reticolo sullo sfondo, solo all’apparenza subordinati o meno importanti, erano composti soltanto dal contorno della macchia o di quello della zona di macchie che indicavano.
Quelli che non hanno forme geometriche, significa che non assolvono solo la funzione di stilizzare, retinare e sfuocare lo spazio adiacente all’animale visibile, ma che nascondono nei contorni stilizzazioni criptate.
Tuttavia individuarne l’origine o meglio la rispettiva zona sull’originale non è facile dato che ;
1 ) oltre ad estrapolare immagini molto arcaiche, le quali oggi potrebbero essere state ancora poco indagate, sicuramente sono riferibili a volti di dimensioni più grandi.
Significa che per metterli a fuoco bisogna prendere in considerazione più di una macchia.
In pratica sono riportate come figure composte visibili solo prendendo in considerazione i giusti tasselli del puzzle.
2 ) Spesso sono mimetizzate tra gli spazi degli animali ben visibili fino a soprapporsi anche ad alcune di queste figure.





CARATTERISTICHE


Le decorazioni del pilastro sono organizzate e distribuite sulla superficie con un sistema rarissimo per questo tipo di manufatti, le soluzioni utilizzate mostrano anche in questo caso la scelta di un sistema composto per distribuire le rappresentazioni.
Ovviamente tali accorgimenti sono stati resi necessari per evidenziare il tipo di scrittura utilizzato oltre ad impostarlo come faremmo noi oggi con un titolo, un corpo, uno sfondo e un indice.
Come hanno potuto imprimere tutto questo su una lapide che sembra appena sbozzata e incisa con uno stile elementare per rappresentare solo le figure di sei animali?
Si tratta di un monumento che doveva essere visto da tutti, per tanto quello che a noi sembrerebbe nascosto, mimetizzato ed invisibile, per gli uomini di quel tempo doveva essere assolutamente e direttamente recepibile. Ecco allora di cosa dobbiamo tenere conto prima di immedesimarsi nella concezione dell’uomo preistorico di 10.000 o più anni fa per sciogliere questo messaggio correttamente.
Per farlo non sarà utile documentarsi con le nozioni di arte preistorica conosciute nelle università o nei libri in circolazione, non saranno sufficienti neanche quelle sul dualismo preistorico e neanche quelle di Piero Tellini, i quali sono gli unici scritti pubblicati ma introvabili che trattano di selci decorate, tuttavia chi avesse la fortuna di consultare il suo libro “la cultura anamorfica di Ansedonia” si troverebbe avvantaggiato.
Le uniche introduzioni su questi argomenti le potete trovare su i mie siti.

Sottolineo qui soltanto alcuni particolari che dobbiamo sempre tenere presente. Tutti i manufatti su pietra dura decorati di piccole dimensioni e le impugnature degli utensili preistorici finemente scolpiti, riproducono in stili diversi, le decorazioni derivanti principalmente da solo due pietre,che chiameremo:originale A,e copia B.
Inoltre, una delle due è già una copia dell’altra, anche se si differenzia sotto diversi aspetti e ha molte figure in più che vanno ad aggiungersi quindi, all’originale A.
Di questa che definiremo “copia principale a figure bianche e nere B” è difficilissimo trovare e riconoscere copie scolpite su selce, e quindi questo tipo di testimonianze sono molto rare, é ricordata però in altri tipi di riproduzioni di epoche successive.
Immaginate come deve essere difficile cogliere i particolari stilistici di una copia, è pressappoco come dover riconoscere una banconota falsa e chi la fatta, da una vera. O si ha una grande conoscenza o bisogna avvalersi della possibilità di consultare la copia originale.
Le decorazioni delle due steli più importanti che stiamo analizzando fanno riferimento, anche se in maniera diversa, proprio alla “pietra copia principale B”. Si tratta di un oggetto completamente ricoperto di decorazioni finissime, non si tratta di una tavola con due superfici, ma di un solido liscio rotondeggiante leggermente schiacciato.
Ora tutte le soluzioni adoperate per estrapolare e riprodurre le figure tramandate sulla stele del cinghiale hanno la funzione di permettere di rintracciarne la posizione “sull’originale copia B” in maniera da non confonderle con le altre. E in questo caso specifico però anche quella di sottolineare la loro subordinata discendenza dalla” litolatria più importante A”. Ciò è riscontrabile solo su questa stele e non accade su quella dello scorpione e dei condor, le decorazioni della quale non a caso derivano anche in questo caso dalla “pietra copia principaleB”.
Per facilitare quanto seguirà divideremo le immagini di questo “onfalos a figure bianche e nere” in tre tipologie:
A ) figure tipiche e caratteristiche.
B )figure in stile, dimensioni e posizioni leggermente diverse.
C )figure incise o comunque derivanti direttamente dalla litolatria originale.



Soltanto con i dati a disposizione è ancora impossibile dire se tutta l’area monumentale fosse dedicata alla litolatria principale e ad altre sue copie più particolari, o se fosse dedicata soltanto alla litolatria copia più importante. Al momento possiamo asserire con certezza che tramite questa stele si vollero tramandare i particolari di alcune figure presenti sulla litolatria copia bianca e nera, le quali si trovano tutte intorno ad una’immagine sicuramente derivante dall’idolatria principale. Si tratta di un profilo profondamente scolpito al fine di completarne il ruolo di copia e per poterla posizionare nella maniera che consente la lettura nella giusta sequenza .
Però questo profilo non è stato direttamente riportato sulla lapide, ma il fatto che sia stato stilizzato e retinato sullo sfondo fa capire che non intendevano censurarlo, al contrario, il fatto di aver scelto proprio le immagini che vi si trovavano intorno sta a significare che intendevano mostrare qualcosa su questo aspetto. Inoltre non sembrano riportare neanche particolari inediti relativi alle decorazioni presunte, preesistenti a “questa incisione” sulla litolatria copia prima che vi si scolpisse il profilo. Ritrovare testimonianze di questa litolatria, precedenti a queste fasi di lavorazione è l’obiettivo principale della mia ricerca.
Oltre al profilo inciso, su questa stele del cinghiale, intorno e parzialmente sovrapposte alle figure degli animali, vi sono anche altri profili retinati alla stessa maniera. Alcuni altrettanto importanti, altri sono una rara testimonianza di volti minori presenti nel medesimo spazio. Alcuni di questi profili visibili su entrambe le litolatrie nelle naturali venature della pietra, sulla principale, riportano dei piccoli ritocchi, impressi da chi volle imprimergli maggiore somiglianza con quelli della copia a figure bianco e nere, queste immagini non rispettano però le stesse precise posizioni, sulla litolatria copia un profilo si trova più in alto di come dovrebbe ma chi scolpì queste steli lo sapeva bene cosi che quando le incise mimetizzandole gli diede le precise posizioni che tramandano dall’originale. E così abbiamo un altro elemento che testimonia la presenza dell’originale o quantomeno le sue precise caratteristiche nella regione della mezzaluna più di 10 millenni fa.
In altre parole abbiamo le prove che 11000 anni fa queste due antichissime litolatrie erano già unite in maniera indissolubile e questo significa che ci sono più elementi che le vedono all’origine della concettualità dualistica dell’uomo preistorico.
Le figure alle quali ho accennato occupano un’intera superficie da un’estremità all’altra e a giudicare dal punto di vista la possiamo definire parte media e inferiore, in pratica dobbiamo posizionare la pietra nella posizione con il suo lato più lungo in verticale. Nella parte superiore ritroveremo le figure che sono invece rappresentate nella stele dello scorpione, però queste sono riconoscibili solo da una posizione capovolta, inoltre si spingono su buona parte dell’altra superficie.
Analizziamo ora com’è determinata la scelta della superficie che ci interessa, qui entrano in ballo le particolari soluzioni che utilizzarono per riportare le figure distribuite su di un solido, scomposte sul di una superficie piana.
Da ciò che possiamo notare osservando la stele a prima vista, ci accorgiamo che: ci sono alcune figure in primo piano nella parte inferiore più isolate. Mentre nella parte superiore più ampia le figure sono tutte accostate tra di loro e non solo. Inoltre fra la linea divisoria di questi due spazi su lato destro c’è un grasso foro dal quale parte un taglio verso l’angolo interno della stele.

Cominciamo dall’elemento che è sicuramente più singolare: il foro, già a una prima analisi avevo considerato l’ipotesi che stesse ad indicare che le immagini riportate sopra e sotto derivassero da una superficie originariamente rotonda. E che quindi erano state come “srotolate” per essere disposte su di una superficie piana. Ma non è tutto, le figure dovevano essere in prossimità di una sporgenza o di una punta e che quindi il foro indicava un cono o meglio più semplicemente un “cartoccio srotolato”. A sostegno di questa ipotesi vi erano anche altri elementi: i margini dei due bordi dell’angolo interno accanto al foro erano rifinititi lungo tutto il profilo dei lati da una scanalatura a formare una sorta di bordino o cornice. Tale caratteristica era evidente solo in questo punto e poteva voler indicare un collegamento tra i due margini. Un altro elemento indicativo ci viene direttamente dalle figure riportate nel riquadro superiore della stele, se osserviamo attentamente la scena si può notare l’insieme degli animali disposti ad forma di U rovesciata come sorretti da due braccia, o forse è meglio dire disposti come a ventaglio aperto. L’elemento più importante è quindi la posizione delle figure, da sinistra rivolte verso l’alto, al centro in posizione orizzontale e quelle di destra leggermente inclinate.
Qual’era l’estremità della pietra da cui derivavano le figure? Probabilmente doveva riportare la figura di un cinghiale ben visibile, in maniera da servire come figura di riferimento, oggi lo definiremmo “il titolo”. Questi elementi sono tipici di un solo onfalos e cosi hanno permesso di individuare nella litolatria copia a figure bianco e nere la matrice ispiratrice delle immagini riprodotte sulla stele del cinghiale.
Il foro, molto spostato sulla destra, probabilmente indicava che le figure da questo lato sulla litolatria si spingevano anche oltre questo bordo.
A proposito del reticolo aggiungerei che la parte in alto a sinistra, è molto più geometrica, tanto da formare al centro una doppia croce, rispetto al resto del reticolo, potrebbe voler indicare che in quella posizione vi sono due figure molto simili e che quindi non necessitano di differenziazioni per essere riconosciute.



La stele dello scorpione e dei condor
la vera scoperta



l'importanza di questa stele supererà probabilmente quella di ogni altro ritrovamento.
L'eccezzionalità è dovuta a ben due motivi.
Anche se i contenuti sono pochi e la loro qualità come riproduzioni non sia eccezzionale, questo documento che ci giunge direttamente dalla preistoria, al momento è l'unica vera testimonianza che pone in diretta relazione i due codici principali più importanti. Nel esaltare alcune figure presenti su entrambe le litolatrie ,va ad evidensiare particolari, che fin oggi non erano potuti rapportare in quanto sul originale sono molto sfumati e in parte rovinati dal tempo e dalle sovrapposizioni, inoltre il problema maggiore era dovuto al fatto che fra le centinaia di riproduzioni scolpite su selce attraverso il quale è stata svolta tutta la ricerca fino a oggi non erano stati evidensiati e notati tali particolari in maniera da far confrontare le figure dei due codici da tale punto di osservazione. Tenete presente che si tratta di figure grandi e principale sulla litolatria copia B, ora trovano un significato come copia in una esatta posizione e non più come figure aggiuntive all'originale in qualità di sigilli , questo è avvenuto probabilmente in epoca più tarda per attestare un raporto. I particolari e i riferimenti della stele permettono di riconoscerli perfettamente anche sull'originale, ma bisogna riconoscere che trovano interpretazione e estrapolazione grazie alla bellezza e alla nitidezza dalle figure derivanti dalla copia B.
Tuttavia va tenuto conto proprio che sono un dettagliato sistema di indicazioni esclusivo dell'originale.
La sua identificazione è stata possibile non solo grazie alla copia B. ma dalla opportuna possibilità di aver analizzato con più dati un altra stele , la quale ha permesso di identificare con precisione la posizione del cigno principale ,le caratteristiche della scrittura a specchio ha poi permesso di confrontare anche l'altra stele.
Durante laprima analisi disponevo di una sola fotografia incompleta,nella quale mancava la parte superiore, particolare che non aveva permesso un completo confronto, purtroppo fin quando non nascerà una collaborazione e queste ricerche non verranno confrontate con quelle dei codici preistorici, si potrà andare avanti solo cosi con tutte le conseguenze. Cosa ne sarà di tutto il materiale di selce e degli altri utensili e strumenti particolai realizzati in pietra dura, importantissimo, maneggiato e catalogato da persone che non sono in grado di rilevarne e apprezzare le decorazioni mimetizzate nei distacchi lenticolari, come verranno classificate se non sono neanche in grado di stabilirne il pregio e l'importanza.

la chiave di lettura è stata quindi la stele dei due cigni con le onde e le altre figure geometriche. Prima d'ora la scarsità delle documentazioni disponibili non mi avevano permesso di definire questi dettagli. Lincrocio di queste prove contribuiscono a stabilire con sicurezza l'antichità di entrambi i codici geodetici principali, andando cosi a rafforzare l'ipotesi già avanzata della loro influenza nell'assestarsi dei motivi e delle tematiche fondamentali del dualismo preistorico. Se la ricerca internazionale prenderaà in considerazione tali scoperte in breve tempo sapremo se sono anche alla base della sessa concettualità e quindi del evoluzione intelletuale della nostra specie.
Per via di queste sostanziali differenze innovative che tralasciano dettagli importanti e rompono i sicuri sistemi tradizionali della mimetizzazione a discapito dell’interpretazione stessa, possiamo dire che questa stele è traducibile soltanto dopo aver comprovato la chiave di lettura della stele del cinghiale. Pertanto a essa subordinata .


Il riquadro inferiore


Tutta questa stele è riservata alle figure della litolatria B.
stele delle anatre
Un altra stele è dedicata a le figure dell'anatra dove compare due volte in primo piano, una sotto e una sopra, entrambe sono rivolte a destra come sull'originale,uno studio di materiali più dettagliati permettera uno studio incrociato fra le tre steli per chiarire tutte le associazioni posibili dalle quali derivano gli ideogrammi geometrici, dato che sono tutti molto simili.
Anche questa come le altre steli è in parte coperta dal muro e quindi per una conclusione aspetterò maggiori informazioni.

Posso però trarre già da adesso una conclusione molto importante. Con molte probabilità infatti è possibile che il riquadro inferiore su entrambe le steli principali sia riservato alle figure che in queste posizioni sono tipiche solo della litolatria B. Per l’esattezza lo scorpione è presente ben riconoscibile anche sull’originale A ma in tutt’altra posizione, in pratica sarebbe sovrapposto alle immagini della stele del cinghiale.

Le due steli tramandano molte informazioni e descrizioni della litolatria B, che vanno da un apice all’altro della pietra, e che si spingono su entrambe le superfici passando a cavallo di uno dei bordi, ma per essere completa la sua interpretazione mancherebbero però le descrizioni di tutte le figure che si trovano sull’altro bordo. Sottolineo questo perchè ritengo che potrebbe esserci altre steli simili a queste due che completerebbe la serie.
Tutti questi elementi fanno sembrare sempre più queste steli ad una sorta di lavagne didattiche per ricordare nozioni fondamentali che hanno sempre fatto parte dell’intelletto umano.

Prima dei codici geodetici
Dalle eternità del tempo propagini remote di un vissuto lontano e primigenio ,giungono gli echi mai estinti di culti e tradizioni che appartengono agli albori dell’umanità, patrimonio di civiltà misteriose che ancora oggi suscitano un fascino arcano. Segni distintivi lasciati da martelli o asce cerimoniali decorate divenute nei millenni onfalos geodetici,tramandate come astrolatrie o più semplicemente litolatrie ispirano un sapere che cela in sè una sapienza sconosciuta, proveniente da mondi e dimensioni che hanno illuminato fugacemente le tenebre dell’ignoranza e della supestizione rischiarando con la loro fiamma sapienzale la lunga notte delle origini. Regni secretati posti oltre l’immaginazione, situati fra le regioni inesplorate dell’astrale che permea la sfera terrestre e quella non terrestre. Frammenti di questo sapere primordiale, dispersi sul nostro pianeta un tempo dislocati in luoghi di potere che conservano l’impronta indelebile di tale corpus dottrinale, sono giunti fino a noi intatti per tornare nel loro luogo di origine nel momento in cui sono stati rinnegati. Si tratta di un culto senza tempo ,una dottrina stellare che ha conferito alle civiltà che ne possedevano la chiave segreta la possibilità di accedere ad una più vasta conoscenza. Se analizziamo la storia degli insediamenti umani stanziati nel Lazio, per esempio, ci rendiamo conto che quando in altre parti già declinavano civiltà fiorenti e altamente organizzate , il Lazio risultava civilizzato solo a nord dal misterioso popolo etrusco,al confine con la Toscana .Il resto del territorio, al contrario sembra immerso nelle tenebre della preistoria.Sembra.....Un antico tabu imponeva un cosi ferreo rispetto della pietra in quei luoghi considerati sacri, tanto che condizionò la vita di generazioni devote alla loro difesa.Perchè gli antichi romani delle origini erano privi di statuaria?

DESCRIZIONE DEGLI ONFALOS

LE METEORITI FERROSE


Le teorie basate su una serie di ipotesi determinate dai nuovi ritrovamenti mostrano un quadro assai complesso di quali dovevano essere le antiche credenze, conoscienze di fisica e astrologia al tempo delle prime civiltà ciò andrà ora interpretato, considerando prima di tutto quali fossero le esigenze determinate dalle diverse realtà geografico climatiche.Con queste premesse si potrà ben inquadrare il problema che ha comportato la "trasformazione" dei culti sui meteoriti di ferro, prima ricercati per essere utilizzati come materia prima per la fabricazione di utensili e armi di qualità superiore, mentre in un secondo tempo, solo temuti dato l'effetto disastroso del loro impatto al suolo. Quanto sia antica la raccolta ed una prima forma elementare di lavorazione del ferro meteoritico, così disponibile, non è possibile stabilirlo se non attraverso lo studio dei primi sistemi divinatori, i quali comprendono l'avvistamento ed il ritrovamento delle meteoriti, soprattutto in quelle aree dove questo metallo è reperibile già in natura fuso sulla superfice del terreno (come nella zona di Cerveteri per esemp.) e quindi conosciuto e apprezzato .
Anticamente potevano sapere e riconoscere, durante la caduta ,osservandone,il colore e il tipo di scia ,quale tipo di meteorite fosse utile di conseguenza ignorare (respingere) gli altri. Questo grazie alla ripetuta esperienza.La nuova filosofia, utilizzando in manira parziale anche alcuni degli antichisimi culti, poteva in questo modo, oscurare quella che per migliaia di anni incontestata andava sempre più perfezionandosi, arricchendosi di strumenti sempre più complessi.

Tra coloro che porteranno a termine tale cambiamento è facile individuare gli antichi Romani i quali trovarono in questo periodo, le condizioni favorevoli per il loro impero. Quindi dovremmo chiederci, in cosa consisteva realmente il culto dello scudo di Apollo e quali fossero le sue origini? (perchè il suo centro oracolare prima dedicato alla Dea Madre viene convertito a suo favore). Probabilmente furono gli antichi Italici e gli Etruschi a porre le basi di culti simili al nuovo ipotizzato, il quale potrebbe poi essersi ulteriormente sviluppato in seguito trovando il terreno idoneo per le proprie radici.Ma cosa sappiamo realmente della cultura celtica sviluppatasi a contatto della regione dei Traci e degli altri popoli ai quali viene attribuito l'uso del micidiale metallo per scopi bellici (Ittiti)? Quali erano le relazioni di questi popoli con le diverse culture religiose italico etrusche?Per il momento sarà possibile approfondire queste "ipotesi" alle quali non sembra interessarsi nessuno, ma non per questo meno importanti, soltanto in direzione delle culture simili a quelle italico-etrusche, tra le quali se ne trovano di molto antiche come quelle mediterranee, della civiltà dell'Indo, mediorientali e dell'antico Egitto .In futuro lo studio e l'analisi delle antiche civiltà del centro e sud America potrà essere utile per ricostruire e comprendere le conoscienze relative ai fini meteoritici, dato che forse alcune di queste civiltà praticarono sicuramente culti simili fino all'arrivo dei primi Conquistadores, in quanto non conoscevano la nuova tecnologia, ma lavoravano soltanto ferro di provenienza meteoritica.


LE LITOLATRIE E LE ASTROLATRIE


Esistono pietre (elicoidali ) che hanno una forma aereodinamica idonea per una traiettoria sinusoide, la sezione delle quali presenta quattro lati, tali pietre venivano associate a proietti vulcanici o meteoriti che nella loro particolare traiettoria lasciano una scia a zig- zag, dalla quale i primi uomini traevano credenze e riti che condizionavano il loro agire e influenzava il loro sviluppo.Alcuni meteoriti con accentuata traiettoria sinusoide sono in grado di transitare nell'orbita terrestre sensa precipitare e percorrendo lo spazio in un tempo di gran lunga superiore dando modo di essere osservarti a lungo suscitando stupore.
Questo fenomeno osservato casualmente nella fase iniziale della ricerca ha permesso la formulazione di queste ipotesi che dando una spiegazione al significato delle prime decorazioni vascolari avrebbero poi portato all'attenzione queste particolari pietre di forma insolita anche se erano apparentemente grezze senza evidenti tracce di lavorazione o di scheggiatura. Nelle prime terracotte non è raro trovare decorazioni incise, dipinte o graffite riproducenti linee a zig-zag o un altro motivo detto a spiga o a lisca di pesce.La traettoria sinusoide è più lunga e permetteva al meteorite di consumarsi completamente o quasi anche quando era di dimensioni superiori alla "media". Inutile dire che anche per i meteoriti ferrosi una traettoria di questo tipo, in altri tempi, era quanto più propiziatorio fosse possibile auspicarsi dato che questo tipo di discesa, anche se soltanto accennata, inoltre poteva contribuire alla"deviazione" della traiettoria del meteorite, e questo era un fattore ricercato di estrema importanza.
Il motivo che uso il termine "ONFALOS", per indicare queste pietre è per via della loro forma e in particola per il posto che occupano nelle iconografie delle astrolatrie più antiche cioè sovrapposte al grosso cane posto nella posizione centrale, nella costellazione del quale troviamo la stella Sirio ( è una stella fissa e non subisce gli spostamenti di processione rispetto agli assi terrestri).Onfalos significa ombelicolo, il quale con la sua forma a spirale ricorda molto la punta decentrata che caratterizza queste litolatrie,la loro punta ha anche la forma di piramide e è per questo motivo che in antichità venivano chiamate piramidion(,ma a me sembra più adatto il termine generale onfalos dato che, come vedremo, in alcuni casi eccellenti copie scolpite delle litolatrie decorate più importanti non conservano nella forma la caratteristica punta, ma rientrano nello stesso gruppo per un altra singolare caratteristica che è quella di avere una posizione nella quale si può osservare il loro contorno perfettamente elissoidale (ovale). Ecco perche i simboli normalmente conosciuti degli onfalos sono l’uovo l’uovo o il serpente detivante dalla spirale. Da ciò che normalmente si trova sui libri eravamo abituati ad immaginre questi onfalos di dimensioni maggiori, ma ad un attenta ricerca si può facilmente intuirne le giuste proporzioni;


UN ONFALOS SENZA DECORAZIONI


UNO STRUMENTO PERICOLOSISSIMO CHE HO DOVUTO FARE A PEZZI IN SEGUITO ALLA DISTRUZIONE DEL SUO ANTICO SITO DOVE ERA STATO TUMULATO E DISATTIVATO

.(sorgente delle cascate nei pressi della grotta votiva di"casteltendine" Vallico Sopra,LU. )La sua forma aereodinamica è più liscia e penetrante e quindi ricorda i meteoiti in grado di arrivare molto all’interno dell’attmosfera con più facilità , è anche una bussola geomantica in quanto ruota in maniera equilibrata e contrassegnata con il sistema dei trigrammi. Questio e altri strumenti simili sono quelli che probabilmente furono tumulati con l’intento di disattivarli e relegarli ai solo culti delle acque, la distruzione di tali siti è pertanto in ogni caso pericolosissima se non venisse monitorata.

CIBELE; Dal mito delle origini alla romanizzazione di questo culto frigio:

sicuramente si tratta di un onfalos affusolato, di color nero e privo di decorazioni, Sono le veneri sarde del peroiodo del bronzo ricavate su di onfalos con queste specifiche forme che ne hanno permesso il riconoscimento con sicurezza , oltre naturalmente al colore e al tipo di caratteristiche fenomenologgiche.L’introduzione del culto della dea Cibele a Roma, il 4 aprile del 204 a.c., ci è narrata dallo storico Tito Livio che così si esprime: In quel periodo all’improvviso una forma di panico superstizioso aveva invaso Roma: quell’anno con eccessiva frequenza piovvero pietre dal cielo e in seguito all’esame di libri Sibbillini si trovò un vaticinio secondo il quale, quando un nemico esterno avesse portato guerra in Italia, sarebbe, stato possibile cacciarlo e vincerlo se si fosse fatta giungere a Roma da Pessinunte la madre dea…..Quindi, per poter fruire quanto prima di quella vittoria che pronosticavano fati, presagi e oracoli, si cominciò a riflettere sul modo di trasferire a Roma la Dea…..La nave raggiunse le foci del fiume Tevere; (Scipone) secondo l’ordine ricevuto, spintosi in mare su una imbarcazione, ricevette dai sacerdoti la dea e la trasportò a terra. Le più insigni matrone della città….la accolsero….Esse si passarono la dea di mano in mano una dopo l’altra; intanto l’intera città si era slanciata loro incontro davanti alle porte delle case dove la Dea veniva fatta passare furono collocati dei turiboli dove fu fatto bruciare l’incenso, mentre si pregava la Dea di entrare nella città di Roma di sua volontà e propizia. Il 12 Aprile la Dea fu portata nel Tempio della Vittoria che si trova sul Palatino. La giornata fu proclamata festiva. Il popolo in massa recò doni alla Dea sul Palatino ed ebbero luogo un lettisternio e dei luti, detti megalesia. (Liv. XXIX 10, 4. 5.8;14, 11-14).Si noti che nel racconto liviano la dea fa tutt’uno con la sua statua ; accogliere la statua è accogliere la dea, poiche si credeva che la statua fosse impregnata della presenza di quella divinità.Il calendario romano colloca nel mese di marzo le celebrazioni di Cibele, fra le Idi di, l’Equinozio di primavera ed i giorni immediatamente successivi. Ciò ha indotto gli studiosi di una certa epoca, nella prima meta del novecento a leggere il culto nei termini di un culto agrario, di una allusione simbolica alla vicenda delle stagioni, al fiorire della primavera, alla fecondità della terra.Tutto ciò alla luce delle nuove scoperte non è del tutto sbagliato ma presenta alcune inesatezze dovute alle visioni sovrapposte derivate appunto dalle similitiudini o dalle associazioni di onfalo diversi, i quali a più riprese furono sempre presenti e ricordati anche nel Lazio. Proprio il far luce su queste associazioni ci permette di riscoprire i ruoli di ogni singolo onfalos. Inoltre nelle vicessitudini dell’inserimento di questo culto a Roma traspaiono non a caso gli effetti dell’abolizione degli arcaici culti propiziatori per l’approvigionamento dei ferri meteoritici.Si tramanda che a quel tempo il senato, reputando che l’esuberanza rituale di questo culto fosse tropo lontana dal severo ed austero costume religioso romano –ricordiamo che siamo in periodo republicano, nel pieno della guerra annibalica – proibì ai cittadini romani di partecipare ai rituali del culto e, ancor di più, di diventarne sacerdoti. Col tempo il culto si andò amalgamando col diverso clima culturale romano e l’imperatore Claudio, nel I secolo d.C. conferi alla Magna Mater una posizione di privilegio , per cui a quel punto, le interdizioni disposte secoli indiero non ebbero più senso, tanto più che le confraternite di cultores della Magna Mater accettarono volentieri le norme di disciplina religiosa stabilite dallo Stato per rendere il culto più adatto alla sensibilità religiosa romana che, nel frattempo era stata ampliamente impregnata di apporti religiosi stranieri, greci, egizi, persiani o comunque ellenistici.
La grande Dea anatolica ;
Dea creatrice che ha dato origine all’intero universo senza bisogno di intervento maschile, vergine inviolata e tuttavia madre degli dei. La grande dea anatolica si manifestava nella dura sostanza della roccia e si riteneva fosse caduta dal cielo sotto forma di una Pietra nera. Sul confine occidentale della Paflagonia c’era una scogliera deserta che si chiamava Agdo e Cibele vi veniva adorata sotto forma di una pietra nera. La leggenda narra che Zeus era innamorato di Cibele ma invano cercava di unirsi alla dea e nell'angoscia di una notte d'incubo, mentre la sognava ardentemente, il suo seme schizzò sulla pietra generando l'ermafrodito Agdistis. Questi era malvagio e violento, con le sue continue prepotenze aveva già maltrattato tutti gli dei. Sicché Dioniso, giunto all’esasperazione, volle vendicarsi e architettò ai suoi danni uno scherzo atroce. Gli portò in dono dell'ottimo vino e lo accompagnò a bere in cima a un grande albero di melograno, finché Agdistis si addormentò ubriaco fradicio in bilico su un ramo. Pian piano con una cordicella Dioniso gli legò i genitali al ramo e, sceso in terra, scosse l'albero con tutta la sua forza. Nel brusco risveglio il malcapitato precipitò strappandosi di netto il prezioso organo: così Agdistis morì dissanguato mentre il suo sangue lavava il melograno e lo faceva rifiorire rigoglioso e stupendo e carico di succosi magici frutti. La ninfa del Sangario, il fiume che scorreva nelle vicinanze, sfiorò con la sua pelle vellutata uno di quei frutti e rimase incinta di un dio. Fu così generato Attis il bello, il grande amore di Cibele. La Signora delle fiere suonava la lira in suo onore e lo teneva perennemente occupato in voluttuosi amplessi. Ma, ingrato e irriconoscente, Attis volle abbandonare quelle gioie celesti e se ne fuggì via per vagare sulla terra alla ricerca di un'altra donna. Cibele sapeva bene che nessuna infedeltà avrebbe potuto sfuggire alla sua vista onnipotente e, trainata dai leoni, lo sorvegliava dall'alto del suo carro. Colse così Attis mentre giaceva spensieratamente con una donna terrena, convinto che le fronde di un alto pino fossero sufficienti a nascondere il suo tradimento. Vistosi scoperto, Attis fu assalito da un rimorso tormentoso e implacabile, finché all'ombra del pino si evirò. La castrazione divina .
L’immagine dell’ape regina, che durante l’atto nuziale effettua la castrazione del fuco, incarna l’essenza del mito classico su Cibele. Presso gli Ittiti, Kumarbi stacca con un morso i genitali del dio del cielo Anu, ne inghiotte una parte dello sperma e sputa il resto contro la roccia, ove si genera una bellissima dea. Benché argomento apparentemente peregrino, la castrazione è un tema mitico universalmente diffuso e si collega al nucleo della trasmissione del potere regale cui si è alimentata tanto la tradizione egiziana (Osiride) che quella Greca (con Urano). Il mito pelasgico della creazioneIn principio la grande Dea emerse nuda dal Chaos. Non trovando nulla ove posare i piedi, divise il mare dal cielo e intrecciò sola una danza sulle onde. Danzando si diresse verso sud e il vento che turbinava alle sue spalle le parve qualcosa di nuovo e di distinto, pensò allora di cominciare l’opera della creazione: si voltò all’improvviso, afferrò il vento del nord e lo sfregò tra le sue mani finché apparve un enorme serpente.La Dea danzava accaldata, danzava con ritmo sempre più selvaggio e il serpente, acceso dal desiderio, l’avvinghiò nelle sue spire e si unì a lei. Volando a pelo dell’acqua la Dea assunse forma di colomba e poi, a tempo debito, depose l’uovo cosmico. Ordinò allora al serpente di avvolgere l’uovo per sette volte: il guscio si dischiuse e ne uscirono tutte le cose esistenti. Ma ben presto il serpente si vantò d’essere egli stesso il creatore e irritò così la grande Madre che lo relegò nelle buie caverne.E’ questo il mito Pelasgico, che alcuni Autori ascrivono ad un’origine anatolica. Si tratta di una versione in accordo con la tradizione indoeuropea degli antichi Veda (i testi sacri degli invasori giunti in India da nord e attraverso le steppe caucasiche). V’è un parallelo con Vinata, dea primordiale che guarda verso dove il limite dell’oceano si unisce con il cielo: dall’uovo cosmico che ella depone nasce un figlio alato il cui primo compito sarà di riscattare la madre dal potere dei serpenti.

Il culto, Cibele era la grande madre di tutti i viventi , protettrice della fecondità, signora degli animali selvatici e della natura selvaggia, attraversava le foreste montane su un cocchio tirato da leoni, accompagnata dal corteo orgiastico dei coribanti. Era anche una divinità poliade, fondatrice di città e patrona del suo popolo in pace e in guerra, aveva anche caratteri oracolari. Il suo culto,che aveva il centro principale in Pessinunte, in Asia minore, era in origine di carattere nettamente orgiastico, con danze sfrenate al suono di flauti, timpani e cembali ed estasi deliranti, durante le quali i galli, suoi sacerdoti servitori, si flagellavano e arrivavano a autoevirarsi. In seguito il suo culto passo in Grecia e specialmente a Creta, sotto il nome di Rea. Sotto l'influenza greca, questo culto perse molte delle sue caratteristiche barbariche, che riaffiorarono in epoca ellenistica. A Roma ella fu venerata a partire dal 205 a. c. come simbolo di fecondita’. I suoi scerdoti si chiamavano Galli nella Galizia, Coribanti nella Frigia, Dattili Idei nella Troade e Cureti a Creta. In suo onore furono incisi svariati fregi e solchi su marmo quale atto per ridestare l’insita sua presenza. Santuari imponenti le venivano dedicati in posti inaccessibili, ricavandoli nelle pareti a picco mille metri sul mare. Il suo misterioso culto ctonio era praticato nelle fenditure della montagna, entro nicchie e gallerie. Talora l’apertura era un lontano punto visibile su un dirupo, tal altra corrispondeva al punto più alto di un’acropoli: era l’ingresso a tunnels scavati interamente nella roccia con gradinate discendenti nelle viscere della montagna, ad andamento elicoidale e senza sbocco. Ieratica in trono, Cibele riceve gli omaggi delle processioni che avanzano al ritmo frenetico di timpani, cembali, flauti e tamburi. Porta sul capo un ornamento cilindrico, di solito a forma turrita; è coperta da un velo o da un mantello, regge uno specchio nella mano e, sette volte su dieci, possiede una melagrana. Come Demetra, impugna le spighe d’orzo la cui Claviceps purpurea forniva la bevanda allucinogena. Il leone è il veicolo di Cibele ed immancabilmente lo troviamo ai suoi piedi. Anche nei bassorilievi della corrispondente dea ittita (Kubaba) compare un leone ai piedi del trono. Non solo in Anatolia: nel 1200 a.C. l’iconografia di una donna nuda in equilibrio sulla schiena del leone era presente in una vasta area del bacino mediterraneo orientale che interessava Assiri (Ishtar), Fenici (Astarte) ed Egiziani (Quadesh). La criniera del leone e le sue fauci spalancate sono l’emblema del pube femminile. Solo più tardi, quando le società patriarcali hanno sviluppato concezioni misogine, nel pelo leonino è stata proiettata l’immagine raggiata della corona solare. Non deve stupirci la banalità dell’attribuzione sessuale, l’idea dell’antro genitale femminile è insita nel nome stesso di Cibele, che significa grotta. Bisogna considerare che in Cibele c’è la continuità con le semplici concezioni religiose dell’uomo del neolitico e che in Anatolia, già nel 6.000 a. C., la grande dea veniva rappresentata seduta in trono fra due leonesse.


ONFALOS DECORATI

L’onfalos del sole era lo Yuppiter Lapis


Già conosciuto come l'antico Saturno. Ha la forma tipica affusolata, ma presenta le quattro superfici più piane e quindi una forma piramidale più marcata. Su questa pietra per lo più di color smeraldo, tra le altre venature colorate che la caratterizzano, si distingue la divinità con le due folgori reggere anche uno scudo sul quale ci sono una serie di punti disposti come le Pleiadi. Questa costellazione col suo sorgere all’orizzonte, dopo un periodo di 40 giorni, indicava il periodo della maturazione delle messi. Per questo motivo Saturno veniva rappresentato con un falcetto in mano. Questa è anche la litolatria più importante, l’originale dalla quale derivano tutte le decorazioni principali di tutte le altre litolatrie o onfalos, anche meglio definiti codici geodetici, in seguito spiegherò come infatti nelle rappresentazioni romane Saturno era anche rappresentato con un piccolo martello da cesellatore.
L’onfalos della luna
Meglio identificabile nella litolatria di Giano, le sue figure in bianco e nero evidenziano un grosso pofilo sullo spicchio lunare, non a caso il suo codice geodetico è 155, corrispondente alle settimane di un anno.Agli inizi del III millennio a.C. in Mesopotamia sembra sia stato coniato l’etimo Set, per indicare i sette giorni delle quattro fasi della luna, inoltre da questa litolatria deriva la figura di Set, la divinità egizia delle tempeste come vedremo nel volume dedicato a questa civiltà.L’etimo anu,indicava invece l’anno o meglio l’Anello , il giro apparente che compie la luna in un anno. L’etimo mes indicava invece il mese, ma senza risalire troppo indietro nel tempo, fermandoci alla Grecia classica e affidandoci a etimologie fors epiù attendibili, vediamo come i termini che indicano la misura del tempo, (ciò che anima l’idea del calendario ) possiedono ancora quasi tutti il prefisso Me, derivante dal termine Mènè, con cui i Greci designavano la Luna, corpo celeste le cui trasformazioni caratterizzavano un periodo di tempo che aveva lasciato una traccia indelebile nella vita e nell’immagginario die progenitori fin dall’alba dell’Umanità…..nacque dunque Men, il Mensis latino, il nostro mese, il termine Mensura (proprio l’idea di misurare il tempo, il Mensis!); nacquero termini Moon month (Luna e mese in ingelese), der Mond e der Monat (la luna e mese in tedesco), Mami e Mas (luna in Sanscrito), manu (in latino), ecc. Tutti termini che possiedono la stessa radice e che evidenziano la stretrtissima correlazione tra l’idea di misura“ costituiva la base: la Luna.Lanalisi ed il confronto degli antichi caratteri della scrittura italica, poi ereditata dagli etruschi evidenziano che la lettera “ M “ indica volto quella“ E “profilo, non è un caso che le sovrapposizioni capovolte delle figure sul profilo lunare di Giano siano un grosso volto per metà biAnco e per metà scuro, da questultima parte derivano i miti di Minerva o meglio Diana, il tutto accostato alla testa di un leone e alla divinità di Marte. Attraverso il fegato di Piacenza è stato possibile ridare il volto originale a tutte le divinità su di esso rappresentate, derivanti da questa litolatria ,il bronzo le suddivide su di una superfice piana e le classifica tutte in piccoli gruppi di tre associate per similitudini. Ma soprattutto utilizza gli "antichi caratteri“ dai quali deriveranno poi, i loro nomi greci, per indicarne e distinguerne la posizione, il nome che ne derivava era quindi una sigla, più è lungo è il nome, maggiori erano i riferimenti per distinguere ed estrapolare la figura con precisione fra le altre sovrapposte. Dato che il risultato coincide con i nomi greci questi non possono che essere successivi a questo ordine geometrico di scomposizione. Molte delle associazioni e dei doppi sensi che emergono da questa “inquadratura-traduzione“ sono ancora riscontrabili nei pluri-significati delle parole latine, è quindi possibile che; sia letrusco che il latino più antico, in origine venissero interpretati come acronomi (sigle) e che quindi molti dei testi che conosciamo abbiano contenuti molto più ampi.

la torre idraulica per il sollevamento dei megaliti

Una scoperta rivoluzionaria : è mio anche il brevetto per utilizzarla al fine di produrre energia pulita a costo zero ma a disposizione di tutti gratiuitamente, peccato che la verità dia sempre fastidio a qualcuno.

LA "TORRE DI SOLLEVAMENTO, IDRAULICA "
O ascensore idraulico,utilizzata dagli antichi costruttori delle piramidi di Giza,si basa sul principio dell’imcomprimibilità dell’acqua, ne esiste anche un modellino in ceramica ,completo di dettagli , rinvenuto nella piramide di Zoser insieme ad altre copie degli antichi strumenti da lavoro ,solo che è stata erroneamente classificata come basamento di un non meglio precisato vaso. coloro che volessero partecipare alla realizzazione di un modello in scala efficente ed automatizzato sono i ben venuti. Pozzi di risalita per galleggiamento ,dovevano anche essere incorporati provvisoriamente all’interno della struttura piramidale in fase di costruzione ,almeno per il sollevamento dei plocchi più grossi.I blocchi non venivano neanche scaricati dalle chiatte,ma ,in questo caso,più semplicemente sollevati aggiungendo acqua alle vasche,operazione che veniva effuttuata attraverso gli stessi ascensori idraulici. Il grosso dei blocchi più "piccoli" veniva trasportato su chiatte scomponibili,sollevato ad un altezza superiore di quella della sua messa in opera,e poi fatto scivolare in loco,su guide attraverso ; mulini nei quali veniva definita la sua forma finale, utilizzando la stessa energia prodotta dalla risalita dei galleggianti,e anche quella ricavabile tramite carucole nel momento in cui questi venivano nuovamente calati verso il basso,in queto modo avremo anche tutta l’acqua a disposizione per lavorare la pietra. il galleggiante con il suo carico veniva spinto dentro la parte inferiore della torre ascensore dopo che una botola aveva chiuso e saparato lo stadio inferiore, impedendo all intera torre piena di acqua di svuotarsi completamente,chiuso nuovamente l ingresso si riempiva di nuovo anche il piano terra compensando la pressione,a questo punto il galleggiante spingeva verso l alto il suo carico riaprendo automaticamente la botola,che subbito dopo si richiudeva da sola,cosi lo stadio inferiore poteva subito essere riaperto, svuotato e nuovamente caricato per un altro trasporto L intuizione di questo procedimento mi è venuta analizzando tutti i dati archeologici a disposizione e soprattutto cercando di capire come furono realizzate le opere ciclopiche ad argine e drenaggio del rio turrite e dei suoi affluenti. Questo spiega anche perche i blocchi utilizzati x questa piramide sono grossomodo tutti delle stesse dimensioni!

INFLUSSI LUNARI

Non si può negare che apparentemente all’interno del nostro sistema solare agiscono vari influssi, molti dei quali non comprendiamo a pieno.tra questi influssi ,è particolarmente forte quello della luna,i terremoti per esempio si verificano con maggior frequenza quando la luna è piena o quando la terra si trova tra il sole e la luna,;quando la luna è nuova o si trova tra il sole e la terra;quando la luna atravera il meridiano della localitàcolpita; e quando la luna tocca il punto di massima vicinanza con la terrara della sua orbita, invero quando la luna raggiunge quest’ultimo punto la sua forza di attrazione gravitazionale aumenta del 6%,accade ogni 27giorni e un terzo,ciò non influisce solo sulle maree, ma anche sui bacini di magma bollente chiusi all’interno della sottile crosta terrestre . objR(’MSGRD’);

Teotihuacan Messico

Lantica città è attraversata da un lungo canale che parte dalla Piramide della Luna,Alfred E.Schlemmer,era un ingegnere che si occupava di previsioni tecnologiche e in particolare di previsioni dei terremoti e su questo argomento presentò un intervento all’undicesimo Convegno Nazionale degli ingegneri Chimici nell Ottobre del 1971 a Città del Messico.la tesi sostenuta da Schlemmer era che probabilmente il Viale non era mai stata una strada. Forse invece, era stato progettato come una serie di vasche riflettenti che,piene di acqua e collegate tra di loro,digradavano attraverso una serie di chiuse lungo la Piramide della Luna situata all estremità settentrionale ,fino alla Cittadella a sud .Secondo Schlemmer il particolare corso d’acqua che egli aveva individuato era stato costruito per svolgere una funzione pratica di "monitor sismico a lungo raggio" nel contesto di "un antica scienza, ormai incomprensibile " Sottolineo che terremoti lontani "possono causare la formazione di onde verticali su una superfice liquida che si trovi dalla parte opposta del pianeta" e suggerì che forse le vasche riflettenti accuratamente graduate e intervallate del Viale erano state progettate " per permettere ai teotihuacani di leggere le onde verticali che vi si formavano la localizzazione e l intensità dei terremoti verificatisi in diverse parti del globo ,in modo da poter predire eventi simili nella loro zona".
Dal libro di Gram Hanchoch "impronte degli dei"
E il tempio della sfinge?La tecnica della lavorazione delle enormi pietre con la quale fu costruito ha dei precedenti nella cultura incas a Cuzco,se ne trova un altro esempio in Egitto solo a Abidos nel tempio di Osiride e anche qui la struttura si trova ad un livello inferiore, tanto che il pavimento risulta sotto la falda freatica e quindi allagato perennemente.
Recentemente ho potuto dimostrare come stesse a cuore agli antichi egizi la conoscenza per disperdere, energia geofisca degli tzunami oceanici.
Gli etruschi non furono estranei a queste conoscienze, anzi erano all'avanguardia e custodivano saperi dimenticati come dl resto anche i celti, su questo argomento torneremo in seguito per analizzare testimonianze e documentaziono precise. Analizziamo più da vicino quali cognizioni geodetiche avevano sicuramente raggiunto le antiche civiltà.
Le principali caratteristiche geodetiche riportate nelle strutture delle principali piramidi di Giza

CODICE PRINCIPALE DELLE UNITA' DI MISURA

Le differenti sequenze degli spaccati delle principali piramidi di Giza, tramandano e trasmettono sequenze di altrettante formule relative alla geodesia e alla meteorologia. Naturalmente in Europa dove i codici onfalici erano nati, codeste formule interagivano con i vari ecosistemi in altra maniera dai santuari onfalici i sacerdoti i druidi manipolavano all’occorrenza simultaneamente sul territorio italico e d’oltrealpe.
Nei pesi degli Onfalos c’è un messaggio ben preciso:
questo piccolo gruppo di onfalos geodetici con i loro pesi permettono di ricavare non solo tutti i calendari, le misure geodetiche del nostro pianeta e le unità di misura correnti, hanno anche un'altra caratteristica, ed anche questa è molto importante e determinata ancor più da un intrigato gioco delle coincidenze.
Le unità di misura e il sistema decimale

Il sistema calendariale più antico conosciuto consta di 366,3 giorni. Tale valore fu scelto poichè consentiva facili calcoli geodetici. E ancora, questo valore è servito a stabilire le unità di misura che tutt'oggi utilizziamo. Per indicare e adattarlo al sistema decimale, fu individuato il coefficiente 27,3 (anch'esso da considerarsi una "costanza geodetica ricorrente")
366,3 x 27,3 = 10.000
La cifra ottenuta oltre ad essere un valore decimale, corrisponde alla misura geodetica tra il polo nord e l'equatore.

CODICE CALENDARIALE

Dividendo 366,3 per 23,51 (durata in ore e minuti del giorno di questo antico sistema) si ottiene il coefficiente geodetico ricorrente più importante: 15,58. Dato che anticamente si dava più importanza al valore simbolico del numero, come negli schemi delle costruzioni che se ne ricavavano, spesso per convenienza omettevano la virgola. Così questa cifra fu utilizzata per tutti i calcoli. Ad esempio sommata al coefficiente precedente 27,3 si ottiene la misura simile a un sessantesimo di grado all'equatore 155,8 + 27,3 = 183,1 la cifra precisa sarebbe 184,265 il quale corrisponde al peso di un'altra litolatria.(la piu grande di questo gruppo) Da questi valori sommati insieme otteniamo la cifra 366,2 pari ai giorni dell'anno. 155,8 + 27,3 + 183,1 = 366,2. Lo stesso coefficiente ha determinato la suddivisione dell'anno in 12 mesi composti di 30 giorni e in settimane composte di 7 giorni, infatti 155,8 : 52 " le settimane dell'anno" otteniamo 29,9 da considerare in giorni la durata del mese.
Altri due codici ricavati dal peso in grammi due altre litolatrie di questo gruppo
76,4 + 79,5 = insieme guarda caso danno ancora 155,8
"76,4" e la latitudine del polo magnetico terrestre, diviso 52 da il ciclo della stella Sirio (1469 anni) moltiplicato per 24 se equiparato ad un sessantesimo di grado all'equatore, corrisponde a una profondità della crosta terreste ove un ipocentro ottimale trovasi a 36 km
"79,5" Questa cifra moltiplicata per 314 da il ciclo della precessione. Moltiplicata per il lato della piramide di Keope, coincide con il valore sessagesimale della zona etnea. Divisa per 71,1 (numero degli anni di un grado della precessione) è simile al valore sessagesimale corrispondente all'altezza dell'atmosfera dove si incendiano i meteoriti. Diviso 366,3 è simile agli anni di una casa zodiacale.
Ancora due codici ricavati dal peso in grammi due altre litolatrie di questo gruppo
63,3 + 92,35 = sommati insieme otteniamo x la sesta volta155,8
"63,3" moltiplicato per 111982 (il peso di un altra litolatria geodetica di questo gruppo) da 7122 che è circa il numero degli anni di un grado della precessione.
"92,35" diviso 360 dà nuovamente il ciclo della precessione e inoltre moltiplicato per dodici dà il valore di "un grado sessagesimale alla LATITUDINE DI GIZA"
"111982" considerando la distanza fra due latitudini, la differenza con la circonferenza all'equatore sarebbe di 80.000 km, circa l'altezza dove si incendiano i meteoriti
"155,8" diviso 71 corrisponde alla "latitudine di Karnak "
In pratica le” poche cifre geodetiche” ricordate dai pesi di queste piccole pietre in grammi, con le quali è possibile costruire la proiezione virtuale del pianeta terra, completa di tutti gli innumerevoli dati che stabiliscono la sua orbita e le sue possibili variazioni nell’arco di migliaia di anni, si possono ottenere da due diverse formule che derivano ognuna da un solo numero, assecondo se è posto in relazione con il calendario o con il sistema sessagesimale di suddivisione in meridiani e paralleli.

La chiave geodetica preistorica laziale dei codici italici

Come prova dell’origine italica ,degli onfalos geodetici che hanno determinato i progetti delle piramidi di Giza ,possiamo analizzare oggi un'altra pietra onfalica dalle caratteristiche geodetiche. Si tratta di una pietra di 126 grammi ” precisi”,che testimonia anche essa con il suo peso questa particolare chiave matematica geodetica. La particolarità di questo numero a tre cifre è quella di essere relazionabile con gli altri codici geodetici già presentati, attraverso moltiplicazioni e divisioni (un po’ come la cifra 155,8 ) con tutti meno uno, questo è proprio il coefficiente che riconduceva alle coordinate di Giza (92,35 ).

Il secondo schema

Il codice 126 si riconduce alla cifra 10000,utilizzata per ricordare il sistema decimale attraverso la misurazione della distanza tra polo nord e l’equatore, moltiplicandola con la cifra 79,5 ,la quale come abbiamo già visto è uno dei codici fondamentali irremovibili .
(moltiplicato per la sua metà 126 per 63 circa il codice di Iside ,otteniamo 7938il quale moltiplicato ancora 126 da100188 , oppure 10000 :126 = 79,35
oppure 10000 : 79,38 = 125,976 . oppure 10000 : 79,35 = 126,03 .Sull’oscillazione di questi valori è probabile che si svilupparono le principali varianti di calcolo.)
126 diviso 60 (il coefficiente del sistema sessagesimale ) = da la cifra 210 che sommata al primo dei “codici copia”155,8 = dà 366,(sostituisce il 27’3).
126 per 60 = 756 corrisponde in oltre alla latitudine del polo magnetico, ma con un grado circa di differenza.
Dal rapporto tra 10000 e 366,8 si avrebbe comunque il coefficiente 27,3 indispensabile per ricavare i pesi degli altri due codici geodetici , 155,8 + 27,3 = 184265 (equatore ).
Va ricordato in oltre ,che la somma dei primi tre codici qui elencati 126 + 79,5 + 155,8 è = 361,3, non è solo una coincidenza se corrisponde proprio con l’antico sistema conosciuto per regolare il calendario solare attraverso l’aggiunta di altri 5 giorni (detti nefasti) utilizzato sia nell’antico Egitto sia in centro America.
Questo spiega l’importanza della litolatria ,denominata di Nettuno(79,50grammi), nell’area centro italica ,tanto da essere ricordata con le sue particolarità stilistiche sulle selci locali. E alla quale anche nell’antico Egitto venne dedicata una città con un suo sistema religioso. Da questa constatazione si può dedurre che è proprio dal più antico doppio utilizzo ,del coefficiente “ 60 “ che deriva con ogni probabilità l’utilizzo del sistema sessagesimale e probabilmente dalla cifra 361, la prima suddivisione del cerchio in 360 gradi. L’invenzione dei quali va quindi rivendicata in area tosco- laziale.
Il codice 126 se accompagnato da un altro peso di 24 grammi permetteva di fare
molto semplicemente molte operazioni utilizzando una comune bilancia. (126 +240 = 366)
126 – 24 =102 equivalente all’etto. Oppure 126 – (8per 3)=102
126 + 24 = 150 equivalente ad un etto e mezzo. 126 + (8per 3) = 150
126 per 24 = 3024 equivalente a tre chilogrammi. 126per(8per3)=3024
126 per 8 = 1008 equivalente a 1 chilogrammo.
126 diviso 24 = 5 grammi circa.
Ma soprattutto questo sistema numerico permetteva anche di essere usato come una sorta di computer per fare calcoli matematici, geodetici, metereologici, calendariali e astronomici. Era sufficiente una sorta di pallottoliere che oltre asservire il sistema metrico decimale e quello sessagesimale era sottodiviso in 126 e 8 parti. Lo scarto era facilmente detraibile alla fine perché sempre pari. Non dimentichiamoci che inoltre con queste due cifre si racchiude quindi tutta la matematica e la geometria ,Sono quindi i sistemi più semplici per imparare a ricordare tutte le nozioni della conoscenza e per trasmetterle.
Le decorazioni del codice di 126 grammi, non sembrano riconducibili alle decorazioni standard del codice principale di 366,3 grammi, tuttavia in esso sono evidenziate a colori le rappresentazioni più antiche, le quali risaltano una fiera colpita da scia luminosa mentre il cacciatore con il copricapo a testa di lupo, difende i suoi compagni e i suoi animali domestici, in oltre sono collegate ai più antichi culti della Sfinge laziale.
Cosa significa a questo punto avere due diverse formule tanto potenti? Possiamo fare diverse ipotesi !La prima e più probabile, dato che è più logico supporre che tali conoscenze siano state raggiunte per gradi (a meno che non sono state dettate da qualche creatura aliena in un lontano passato),è che abbiano influito e determinato il clima con i loro schemi, e che si siano susseguite in lunghi periodi diversi. Parlo di schemi diversi perché si determinano, da ognuna, sostanziali differenze a livello del polo magnetico di un grado. Tale differenza qualora coinvolgesse per attrazione il polo terrestre tenderebbe a spostare sensibilmente anche la fascia temperata. Per essere più chiaro negli ultimi tempi l’ago della bilancia della separazione climatica del nostro paese in inverno rispetto alla sensibilità dell’essere mano era localizzabile nel Lazio, a sud temperature più miti ,a nord temperature più basse. Con una variazione di formula che esclude tutto il sistema megalitico più recente da noi conosciuto comprendente anche le varie piramidi disseminate sul globo, semplicemente disattivando il suo cuore pulsante ,allora avremo una variazione verso nord ,per la quale anche l’area temperata si sposterebbe di conseguenza dal Lazio verso regioni più a nord. E’ forse ciò che è già accaduto? Da questo punto di vista si può dedurre allora un seconda ipotesi, secondo la quale uno dei due schemi vada interpretato al di là delle formule propiziatorie che include, anche come sistema di sicurezza e di riserva, questo sarà anche quello più antico che affonda le sue radici e si regge oltre che attraverso il megalitismo, su quella ragnatela elettromagnetica delle selci disperse fin dall’inizio dell’avventura umana, che sommate a naturali campi elettromagnetici del terreno hanno dato luogo ad una metamorfosi ben più difficile da annientare, tutto ciò potrebbe però avere i suoi inconvenienti. 1)Potrebbe essere irreversibile. 2)Era sicuramente studiato e progettato per essere idoneo a delle comunità:preistoriche di cacciatori raccoglitori e non di agricoltori.
3) Potrebbero risvegliare quei delicati equilibri dettati dalle fatali formule propiziatorie per la raccolta del ferro meteoritico, che si sono evolute per tutta la preistoria, fino a quando non furono capovolte a seguito della conquista della metallurgia, ovvero quando si riuscì a fondere ed estrarre il ferro dai depositi minerali. 4) potrebbero essere alternate da periodi estremamente freddi intervallati da prolungate siccità. 5) l’attività sismica e vulcanica potrebbe intensificarsi bruscamente con parametridiversi da quelli studiati fino ad oggi.
Queste naturalmente sono solo ipotesi, avvallate dalle recenti variazioni climatiche, se si verificassero ancora allora la causa andrebbe ricercata anche nella distruzione avvenuta negli ultimi anni dei siti periferici alla valle del Rio Turrite. Quello che invece dobbiamo assolutamente impedire è che venga disattivato anche il secondo equilibrio, la minaccia è reale se non si avrà maggior interesse e cura di questi siti che la natura ci ha dato e tramandato intatti e che i nostri avi avevano imparato a rispettare e difendere. La gravità delle conseguenze non sono calcolabili, ma non credo che le ripercussioni siano lente ad avere effetto, come gli scienziati ipotizzano. Secondo me un irrigidimento climatico provocato da una fratturazione e interruzione multipla nel cuore del sistema, una volta avviato in pochi anni raggiungerebbe già livelli di inospitabilità.
Molte delle più piccole e dimenticate o magari estinte sorgenti,di questa valle è possibile che siano del tutto artificiali realizzate con il sistema delle gallerie drenanti artificiali ma non del tipo scavato nella roccia, piuttosto ,realizzate con una copertura di massi e altri materiali di riporto arricchite con selce e altre pietre dure.
Queste particolari tipologie di costruzioni venivano utilizzate anche per garantire la portata a valle delle acque degli affluenti minori, e magari anche il riprodursi della trota. Sapendo che il megalitismo non si poneva certo limiti di progetti e grandezza, è possibile ipotizzare che ciò possa essere stato realizzato in grande anche laddove necessitava lungo le turriti principali. Qualora fosse sistematicamente ridotta la portata d’acqua si andrebbero comunque a creare anche delle condizioni per accedere nelle parti più profonde delle grotte che caratterizzano questi corsi d acqua(tanto da avrli fati scegli come esmpio per i culti delle acque ed esportati come esempio a livello sciamanico in tutto il mondo), un accesso non controllato e tutelato, (perché non previsto ufficialmente nei progetti) a degli ambienti incontaminati troppo preziosi per tutto l’ecosistema. Questo potrebbe anche essere uno dei punti elettromagnetici più nevralgici a rischio e pericolosi. Chi è in grado di verificare con le dovute strumentazioni e garantire che non vi siano dei rischi di distruzione irreversibili in anticipo sull’attuazione dei progetti come quelli delle centraline idroelettriche? È falso pensare che anche la più antica parte di conoscenze trattate in questo argomento siano ormai solo una scienza del tutto dimenticata, casomai è vero il contrario, in quanto non si dà la possibilità di fare pubblicazioni e studi specifici approfonditi sull’argomento. La mia attività di ricercatore coronata da un gran numero successi nella prevenzione e di ritrovamenti in breve tempo e in diversi paesi, è la dimostrazione di quanto questo sia una realtà. Anche se la mia attività inizialmente era determinata dalla prevenzione sismica e dagli interventi anti siccità, presto ha dotato l’archeologia di una nuova figura specializzata “il cacciatore di onfalos o marteli asce cerimoniali“ o se preferite il “disattivatore preventivo”. Figura che malgrado il ruolo dell’autorità che riveste detenendo record per il gran numero degli interventi portati a termine, delle scoperte e dei ritrovamenti, potrebbe non poter portare a termine il suo lavoro, se i siti individuati invece di essere tutelati, nonostante siano patrimonio indiscusso dell’umanità, vengono distrutti sistematicamente come se nulla fosse per omertà e con scuse banali o peggio con premeditazione. Presto o tardi bisognerà accertare questi fatti perché sarà impossibile nasconderli o faranno dell’Italia sempre più un incresciosa realtà davanti agli occhi di tutto il mondo e data l’emergenza chiunque ostacola queste ricerche potrebbe diventare a sua volta il diretto obbiettivo di ritorsioni future provenienti dai luoghi più impensati. Figuriamoci le conseguenze per chi distrugge tali patrimoni.
Personalmente ho potuto constatare che è possibile individuare sul territorio italiano e in breve tempo, un gran numero di allineamenti tra massi megalitici e piccole sorgenti o exsorgenti antiche. Fino a tracciare un fitto reticolo sulle carte topografiche, semplicemente aggiungendo quei punti che avevo indicato sulle cartine per indicare i siti in cui erano stati individuati piccoli manufatti o frammenti in superficie emersi a causa dell’erosione. Il prolungamento spontaneo di queste linee verso le punte dei rilievi, le sorgenti, i massi e le grotte, sulla cartina ha permesso cosi di individuare siti megalitici insospettabili e mimetizzati che si trovavano proprio su quelle direttrici disegnate. Cosi come altre sorgenti, altri siti preistorici, e anche grotte sconosciute. Quale di queste linee siano più importanti è quasi impossibile da stabilire, fanno tutte parte di una capillare rete del nostro delicato ambiente (come un sistema respiratorio circolatorio di un essere vivente).
Cosa ne pensate voi di fronte al fatto che i primi onfalos a forma di conchiglia siano stati individuati a seguito delle prime forti siccità che nel lazio furono seguite da intensificarsi dell attività geofisica, proprio a causa di repentini sbalzi gravitazionali isolati che hanno indicato il punto preciso sul terreno dove si trovavano . E spesso rozzi onfalos sono ancora collocati nelle strette vicinanze delle sorgenti incontaminate, soprattutto vicino alle polle e alle risorgive. Perché molti dei massi megalitici di riferimento hanno l’insospettabile forma accennata degli onfalos spiraliformi? Chi potrà continuare a raccogliere i pezzi di questo puzzle che sta sgretolandosi e poi ricollocarli al loro posto? Dopo una prima fase di ricerca e indagine ,una seconda di studio dei ritrovamenti ,la terza e più importante è oggi impossibile da portare a termine perché non sembra interessare a nessuno ansi l’argomento è ancora tabù e ci si appresta a cancellare le prove. Personalmente io ho svolto la mia inchiesta per responsabilità personale e per difendermi dalle avversità, perché di fatto i miei avi sembrano essere stati custodi e testimoni malgrado a loro insaputa, di questi tesori ma questo non significa che per dovere ciò non dovesse essere fatto dalle autorità e dagli enti competenti che invece come parassiti si mangiano i finanziamenti e il potere politico e sociale diffuso dal prestigio della conoscenza scaturito da quindici anni di duro lavoro, prestigio che dovrebbe invece essere usato per fini diplomatici e per la pace nel mondo. Questo lavoro è stato invece portato avanti a mie spese e con solo mezzi di fortuna ed è solo un miracolo se oggi tutto ciò e stato riunito e reso comprensibile.

Perché è vitale il patrimonio megalitico con il suo cuore pulsante sito nella Turrite cava.

In novembre è stata pubblicata sul mensile Hera, il quale tratta soprattutto temi di archeologia, la prima parte di un articolo con un’intervista molto attesa ad un fisico di scienze dell’agricoltura, specializzato anche sui siti megalitici. Ciò che afferma su questa intervista lascia senza parole ed è sufficientemente comprensibile anche per i non addetti ai lavori. Anche se vi sono alcuni punti “chiave” discutibili, nei quali solo un esperto può intuire il perché si prendono le distanze dalle responsabilità e dalle problematiche che emergono dall’argomento.
anche se considero alcune affermazioni discutibili,
1) ”Tali siti vennero eretti per amplificare solo i campi elettromagnetici naturalmente presenti nel luogo di costruzione”.
È stato dimostrato proprio dagli innovativi sistemi di indagine ,(gli unici che dopo 2000 anni di ricerca hanno portato al ritrovamento degli onfalos geodetici preistorici più contesi dalle antiche civiltà), basati sull’analisi dei campi elettromagnetici irregolari del suolo, che tali siti si sono poi rivelati artificiali e non naturali, per diretta conseguenza dell’accumulo intenzionale e non delle selci preistoriche e altri manufatti di pietra dura sia del posto che proveniente da altre aree. Negli stessi siti c’è la possibilità anche di trovare la presenza di materiale dello stesso tipo ma di carattere votivo, sovrapposto anche in epoche più recenti fino al periodo etrusco. Fin dalla più buia e profonda preistoria dell’umanità, ovvero fin da quando i primi esseri umani hanno cominciato a sbriciolare e disseminare i frammenti degli utensili che fabbricavano o utilizzavano che queste schegge e i minuscoli frammenti si sono accumulati, anche negli strati più profondi del sottosuolo, lungo le piste di collegamento più battute, i sentieri migratori e di caccia, tutti i passi, le alture di avvistamento e soprattutto i tracciati che collegavano le sorgenti con i loro punti di riferimento, come megaliti e grotte. L’esperienza di centinaia di migliaia di anni di preistoria ha consentito all’essere umano (ma non solo) di sviluppare quelle conoscenze, nozioni e qualità per riconoscere e orientarsi ripercorrere e sfruttare quelle caratteristiche derivanti da quella immensa ragnatela magnetica artificiale, in grado di attirare anche l’acqua, disseminata dai suoi predecessori. L’erosione e la distruzione involontaria hanno fatto sì che nei millenni questa potesse giungere fino ai nostri tempi solo in parte.
Ma in un'altra epoca è esistito l’evidente progetto per il potenziamento e la salvaguardia di questo delicato equilibrio maturato ed evolutosi nel tempo, questo fu fatto attraverso il megalitismo specializzato mirato ad ottimizzare il territorio a misura d’uomo. Quindi come si fa a parlare in generale, di campi elettromagnetici naturalmente presenti nelle are dove sono stati eretti i megaliti, senza un’ispezione archeologica più che dettagliata ma che non sia invasiva e rischiosa quindi per l’ecosistema circostante? È fin troppo evidente che in tempi cosi lunghi è stata l’acqua stesa attraverso erosioni ed infiltrazioni a scavarsi la strada nel sottosuolo attratta da questi campi elettromagnetici, lo stesso fenomeno che per conseguenza delle prime siccità sul finire degli anni 80 ha portato le scarse piogge successive e concentrate in aree ristrette, all’erosione di quei siti con le caratteristiche più sensibili. Erosioni che hanno riportato alla luce in maniera “naturale” volta per volta anche i reperti più significativi che hanno dato slancio ai miei programmi di ricerca con indirizzo non solo geologico ma anche archeologico nel Lazio e nel nord della Toscana. Anche per questa relazione magnetica, si trovano depositi di materiale votivo di selci non specifico al culto locale e altri manufatti di pietra anche grezzi molto antichi a ridosso di sorgenti. Servivano a garantire e a potenziare le caratteristiche magnetiche di quelle che erano le più preziose fonti d’approvvigionamento di acqua potabile.

aggiungere germinazione..................................................
Un breve quadro riassuntivo e i nuovi presupposti alla luce delle nuove prove.
I dati più significativi ci indicano senza dubbio che le costruzioni antiche più imponenti tramandateci dalle antiche civiltà si trovano nei siti che occupano semplicemente per via della loro funzione alla quale assolvevano secondo un disegno ed un progetto globale, e che quindi; Per quanto le civiltà che le ospitarono ne furono probabilmente le artefici, queste vi furono sicuramente coinvolte , con o senza il loro consenso.
A Giza troviamo immense costruzioni che ci tramandano, attraverso i loro proggetti, conoscenze ottimizzatrici della totale attività sismica terrestre, combinate con altre conoscenze, oramai dimenticate relative ai corpi celesti che entrano e non nell'atmosfera terrestre, il tutto impostato su una o più orbite terrestri lunghe 25000 anni.
In Gran Bretagna ritroviamo gli stessi precisi progetti utilizzati per disseminare l'intera area di Silburi il, di un nummero incalcolato di massi megalitici, distribiiti agruppi di diverso tipo, ai quali, quantomeno dobbiamo per forza della matematica riconoscere almeno le stesse funzioni ed una comune origine, considerato quanto fossero ermetici i progetti stessi.
A dodici chilometri infatti ritroviamo il famoso stonehenge, grandioso e altrettanto antico osservatorio luni-solare, nel quale, grazie proprio alla sua ricercata posizione era, (una volta terminato) stato possibile prevedere le eclissi.
Abbiamo sopra visto quanto siano influenti le alcuni processi lunari sulla geofisica terrestre e quindi, chiaro quale fosse il preciso collegamento fra queste lontane aree. Anticamente in ogni regione vi era un centro onfalico oracolare e questi erano tutti in stretto contatto fra di loro utilizzando messaggeri con priorità assoluta e i piccioni viaggiatori per le le distanze maggiori.
Forse gli antichi druidi e sacerdoti non riuscivano a monitorare in tempo diretto come possiamo fare noi oggi, ma sicuramente erano perfettamente in grado raccogliere tutti i dati che gli occorrevano in brevisimo tempo.
Tutto ciò spiega l'esistenza delle vasche per il monitoraggio sismico, e la loro distribuzione in tutte le antiche civiltà fin dalle prime testimonianze. A questo va aggiunta l'incredibile esperienza che dovevano aver accumulato in migliaia e migliaia d' anni di esperienza, che gli permetteva di trarre conclusioni più dettagliate nel settore della ciclicità degli eventi. Naturalmente stagni di acqua , comunissimi nelle grotte e pozzi sacri erano al centro di una ragnatela globale dei culti delle acque che andò via via sempre più espandendosi.
La domanda interessante è : quanto tempo occorse affinche l'uomo fosse in grado di calcolare le eclissi?
Personalmente sono del parere che il principale obbiettivo di questi monitoragi fosse quello di individuare quei periodi (simili a quello appena trascorso), durante i quali l'attivita sismica del nostro pianeta aumenta di intensità e frequenza.
In un lontano passato tali fasi erano sicuramente più intense e forti, se a ciò aggiungiamo quali dovevano essere le ripercussioni sulla già molto intensa attività vulcanica, emerge uno scenario a rischio di effetto serra dovuto alle ceneri in grado di raffreddare notevolmente l'intero pianeta in breve tempo. Ma il ricordo di climi freddi doveva ancora essere vivo in quegli uomini che si apprestavano a strappare ai ghiacci nuove terre da colonizzare, e questo li indusse a fare sforzi e progetti grandiosi per scongiurarne un improvviso ritorno.
Stonehenge

Nei paesaggi dell'Irlanda e della Gran Bretagna sono disseminati antichissimi "monumenti" megalitici: menhir, dolmen, pietre oscillanti e cromlech. Eppure queste pietre gigantesche furono collocate e ordinate secondo precisi calcoli astronomici da popolazioni all'apparenza primitive. Ma perché comunità dalla "economia di sussistenza" sentivano il bisogno di determinare con matematica sicurezza solstizi e movimenti lunari?
Nella piana di Salisbury nel Wiltshire, circa 130 km a sud-ovest di Londra, si erge un altro calcolatore di tempi e stagioni, questa volta di pietra. Mi riferisco al più celebre monumento preistorico di tutta Europa, e forse anche del mondo: Stonehenge.Secoli di studi non sono riusciti a risolvere il mistero di chi abbia costruito Stonehenge e perché, ma in ogni caso la scienza moderna ha potuto svelare molti dei suoi segreti. E ormai ampiamente assodato che sin dalle sue origini è stato un osservatorio astronomico, allineato esattamente con i punti fissi di Sole e Luna.
Esami al radiocarbonio hanno da tempo confermato che Stonehenge risale a qualcosa come 4800 anni fa. Questa sorprendente datazione è stata inizialmente messa in ridicolo, poiché secondo i paradigmi storici nessuno in quell'epoca poteva avere in Inghilterra le conoscenze necessarie per progettare o per costruire un simile complesso..

Nel marzo 1996, l' "English Heritage" annunciò i risultati di un approfondito studio riguardante Stonehenge. Vennero impiegate analisi matematiche innovative e i più recenti procedimenti al radiocarbonio che danno margini di errore di non più di 80 anni. Questo recente studio colloca il monumento a circa il 2965 a.C. (+/- 2%), quindi a una data antecedente a quelle sino ad allora ipotizzate.

Dopo attenti esami gli archeologi sono giunti alla conclusione che la disposizione del monumento è stata modificata più volte nel corso della storia. La versione più antica presentava un'area circolare, nota come "henge", aveva più di 91 m di diametro e tutt'intorno correva un fossato ad argine rialzato. Uno degli aspetti più interessanti di Stonehenge risale proprio a questa sua prima fase. Quattro pietre angolari, posizionate ai margini del cerchio in modo da costituire un rettangolo, segnavano una serie di allineamenti relativi al complesso ciclo lunare di 19 anni.Probabilmente contemporanea a questa prima fase è anche una serie di 56 misteriosi buchi che formano una sorta di cerchio appena all'interno dell'argine. Uno dei misteri più avvincenti di Stonehenge è come mai questi buchi, noti come Buchi di Aubrey - in onore di John Aubrey che li scoprì nel XVII secolo - siano stati riempiti immediatamente dopo essere stati scavati.La costruzione iniziale rimase praticamente inalterata per 300 anni, ma poi fu sottoposta a una serie di drastiche modifiche. Intorno al 2700 a.c.
80 pietre a base di solfato di rame, pesanti ognuna 4 t, vennero trasportate dal Galles lungo un percorso di oltre 400 km e collocate a doppio cerchio all'interno dell'area circolare. Fu proprio l'introduzione di queste pietre a rendere il luogo, per la prima volta, un "stone henge", ovvero una rotonda in pietra.Non è però chiaro se i cerchi in pietra siano mai stati completati, giacché verso il 2665 a.C. (+/- 7%) i costruttori adottarono un approccio totalmente nuovo. Le pietre vennero rimosse e sostituite con enormi massi di arenaria, noti come pietre "sarsen". Questi massi, pesanti dalle 40 alle 50t ciascuno, vennero in qualche maniera trasportati dai Marlborough Downs, (L'area del progetto unitario) dodici miglia più a nord, attraverso un fiume e superando salite.Vennero quindi eretti in modo da formare il "Sarsen Circle", costituito da 30 massi posti in verticale e uniti tra loro da archi travi sagomate in modo da formare, una volta messe insieme, un anello continuo la cui stabilità era garantita da un sistema di mortase del genere usato dai carpentieri.
Molte di queste enormi pietre sono ancora oggi nella loro posizione verticale e ci permettono di immaginare come Stonehenge dovesse essere al tempo della sua massima gloria.Una pietra di 35 t, nota come "Reel Stone", può anch'essa essere fatta risalire alla prima fase di Stonehenge. Si ritiene che questa pietra, alta 4,5 m e conficcata nel terreno per 1,2 m, venisse impiegata per scopi astronomici, probabilmente per osservare il sole. Questo potrebbe spiegare l'origine delsuo strano nome, Heel, che molti ritengono derivi dalla parola greca helio. Esattamente come venisse adoperata è ancora tema di discussioni, ma la sua attuale collocazione a una trentina di metri dal cerchio, in un punto opposto all' entrata, è in linea con l'asse che si riferisce al tramonto nel solstizio d'inverno.
In seguito, i costruttori decisero di trasportare sul luogo massi ancora più grandi. Cinque paia di enormi pietre sarsen, unite nella parte superiore da architravi, vennero erette nel centro del cerchio sarsen in modo da formare una sorta di ferro di cavallo. La costruzione di questi triliti alti 4 m, che hanno reso celebre Stonehenge, risale a circa il 2270 a.C. (+/- 7%), e alcuni di essi appaiono tuttora in ottime condizioni. Le pietre a base di solfato di rame, dette "pietre azzurre", vennero reintrodotte a Stonehenge intorno al 2155 a.C. (+/- 6%). Una di esse, la "pietra dell' altare", alta 4,8 m, venne collocata in posizione verticale al centro del complesso. Due cerchi concentrici di pietre simili vennero di sposte tra il "Sarsen Circle" e i triliti. Infine, verso il 2100 a.C. (+/- 8%), diciannove di queste pietre vennero disposte in modo da formare un ferro di cavallo all'interno del complesso di triliti.
Verso il 2000 a.C., i costruttori pensarono di costruire un'ampia strada, nota come "Avenue", il cui segmento più antico è lungo 600 m. In tempi successivi furono aggiunti altri due segmenti fino a raggiungere il fiume Avon distante 3,2 km. Nessuno ha mai spiegato a cosa servisse una via di accesso così estesa. E possibile che il primo segmento, rettilineo, fosse un ampliamento di una via di accesso precedente oppure di un sentiero databile al periodo iniziale di Stonehenge, vale a dire a 1000 anni prima.
Dopo questa fase di intense attività, tutto si acquietò per qualcosa come, 500 anni; quindi vennero aggiunti i cosiddetti buchi "Y e Z". Da quel momento il luogo fu abbandonato.
Stonehenge è un posto insolito, nel senso che sono stati gli astronomi più che gli archeologi ad avviarvi delle ricerche. Già nel 1740 William Stukeley scoprì che l'asse centrale di Stonehenge dalla pietra dell' altare alla Heel Stone e alla Avenue sono allineate con il punto del sorgere del sole nel solstizio d'estate. Questo allineamento è stato inequivo-cabilmente confermato da Sir Norman Lockyer. Le discussioni tra gli esperti si sono spostate su altri possibili allineamenti astronomici, soprattutto a motivo del fatto che molte delle caratteristiche di Stonehenge rimangono oscure. Nel 1963 si è pensato che il complesso forse serviva per osservare e prevedere gli equinozi e non soltanto i solstizi.
Poi, nel 1964, Cecil Newham sbalordì il mondo accademico asserendo che Stonehenge poteva essere stato usato anche come osservatorio lunare, come faceva supporre il rettangolo formato dalle quattro pietre angolari. I suoi studi vennero confermati dal professor Gerald Hawkins, il quale compì diverse ricerche negli anni 1963-6526: adoperando analisi al computer dimostrò che Stonehenge non presentava soltanto allineamenti ai cicli lunari, ma che era stata predisposta per predire anche le eclissi della Luna. Queste conclusioni sconcertarono l'establishment scientifico, poiché i cicli lunari sono assai più complessi di quelli solari e non era pensabile che un popolo neolitico potesse disporre di tali avanzatissime conoscenze astronomiche.Il critico più acceso fu Richard Atkinson, dello University College di Cardiff, il quale ritenne che qualsivoglia allineamento lunare doveva essere preso come pura coincidenza.
Ma persino lui dovette cedere in seguito ad ulteriori studi compiuti prima da Alexander Thom, un professore di ingegneria della Oxford University, e poi dal prestigioso astronomo e matematico Sir Fred Hoyle.Alexander Thom pubblicò un'approfondita analisi di Stonehenge intorno alla metà degli anni Sessanta, confermando le funzioni originarie di Stonehenge sia in chiave lunare sia solare; era evidente, scrisse Thom, che Stonehenge era stato costruito in un una punto senza eguali, giacché in nessuna altra parte le linee formate dal rettangolo delle pietre angolari poteva puntare esattamente verso gli otto punti chiave dell'osservazione della Luna. Se Stonehenge fosse stato eretto soltanto pochi chilometri più a Nord o più a Sud, questi rapporti geometrici non avrebbero funzionato.
Quando Sir Fred Hoyle confermò questi risultati, il che avvenne intor no alla fine degli anni Sessanta, la teoria lunare si fece improvvisamente accettabile. Hoyle dichiarò che Stonehenge non soltanto era. stata un osservatorio, ma anche un mezzo per predire eventi astronomici;difatti: e' possibile che i costruttori di Stonehenge siano arrivati sulle Isole Britanniche da altrove, proprio con il proposito di ricercare questo allineamento rettangolare... così come il moderno astronomo sovente cerca lontano dalla sua usuale sede di lavoro i luoghi migliori per costruire i suoi telescopi.La conclusione incontestabile è che chiunque abbia progettato Stonehenge doveva conoscere in anticipo la precisa estensione dell' anno solare nonché quella del ciclo lunare.

Ciò che soprattutto colpisce è il fatto che questi antichi astronomi avevano l'abilità di individuare precise località dalle quali fosse possibile misurare il ciclo lunare di diciannove anni. Oggi molti testi di consultazione si mostrano comprensibilmente riluttanti a citare le prove raccolte a proposito di Stonehenge, in quanto la storia convenzionale semplicemente non sa spiegare l'avanzata tecnologia in possesso di coloro che arrivarono in quei luoghi 5000 anni fa.
Fonte: Alan Alford



Culti onfalici


Stukeley fu uno strano personaggio. Medico, si interessava più alle pietre ritte che abbondano nello Wiltshire, che non alla medicina. Fin dalla più tenera infanzia, visse in mezzo a quei cerchi magici di pietre elevate, di allineamenti geometrici, e li interrogava. Li abbandonava solo per meglio pensare ad essi. Al ritorno, attratto dal loro mistero, chiedeva ad essi in ginocchio il segreto della loro simmetrica disposizione. Un giorno, dopo anni di pazienza, di studi e di meditazioni, ritenne di averlo scoperto. Ecco, secondo lui. il segreto:
Sulla collina Hakpen esiste un piccolo cerchio che precede un viale formato da sei o otto pietre, orientate da est a ovest. Fra Kennet e Avebury, vi è un altro viale che conduce ai cerchi, ma con direzione nord-sud. Se si congiungono questi frammenti con una linea curva e si sa guardare, si distingue perfettamente che Hakpen è la testa di un serpente, il viale il suo corpo e Avebury è una parte sinuosa del corpo, la cui coda si trova tracciata - più lontano - dalle due pietre del dolmen chiamato "Rifugio della pietra lunga" e situato a mezza strada tra Avebury e l'estremità dell'animale.
Che cosa si nota a Stonehenge? Torniamo al nostro punto di osservazione e precisamente il centro del monumento. Da qui. il 21 dicembre, si scorge il tramonto del sole proprio a sinistra della pietra più alta, quella che segna il posto del gruppo di due pietre poste verticalmente sormontate da un architrave. Ossia, quando il monumento era intatto, il sole appariva inquadrato in quella porta rocciosa.
Nel 1912, John Abercromby fece al riguardo una osservazione molto pertinente. Sino allora, seguendo le conclusioni un poco arrischiate di Sir Norman Lockyer, dei suoi predecessori e dei suoi discepoli, si riteneva in generale che Stonehenge fosse un monumento associato ad un culto solare e che la grande festa di tale culto avesse luogo nel solstizio di estate, il 21 giugno. Con molta sagacia, Abercromby fece notare che non vi è alcun tempio, in qualsiasi religione, nel quale, una volta entrati, si ritorni verso l'ingresso per porsi di fronte al punto dove si celebra il culto. Sembra dunque improbabile che l'oggetto del culto celebrato a Stonehenge sia stato il sole del solstizio di estate. Al contrario si può benissimo supporre che sia stato piuttosto il sole del solstizio di inverno, in quanto in quel periodo poteva apparire inquadrato nel grande arco centrale del monumento.

L'ASTRONOMIA E LE VASCHE MONUMENTALI DEI CELTI di Adriano Gaspani

L'analisi della struttura dei Nemeton, cioe' dei recinti sacri, costruiti dai Celti durante l'eta' del Ferro suggerisce che l'Astronomia rivesti' un ruolo fondamentale sia nella scelta dei siti in cui furono edificati sia nella loro orientazione rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali sia nella definizione della struttura costruttiva. Capita di frequente di trovare all'interno degli oppida delle vasche rituali dotate di efficentissimi sistemi di canalizzazione atti al rifornimento idrico. I reperti archeologici suggeriscono che i criteri costruttivi furono tali da indurre gli archeologi a classificare tale vasche come "bacini monumentali" sia dal punto di vista della qualita' e della quantita' dei materiali litici impiegati sia per quanto riguarda le loro dimensioni. Gli archeologi hanno trovato traccia di quaste costruzioni in svariati oppida celtici tra i quali vanno segnalati Bibracte, Argentomagus, Glanum, Marsiglia, Lugdunum, Bourges, Vaison, Mackwiller (Basso Reno), Metz, Lons-le-Gaunier (Jura), Saint Maur e in alcuni santuari quali quello di Montbui e quello posto presso le sorgenti della Sequana, (il nome gallico della Senna, il fiume che attraversa Parigi). Generalmente la forma delle vasche rituali e' quadrata o rettangolare come nel caso di Marsiglia, Lione, Bourges e Vaison, ma non mancano casi di vasche semicircolari come a Glanum o di forma circolare, esagonale o ottagonale come rileviamo a Metz, Lons-le-Gaunier nel Giura, a Saint-Maur e a Montbui. Nel caso del santuario delle fonti della Sequana e soprattutto a Bibracte il cui bacino era di gran lunga il piu' importante di tutti la forma e' ellittica. I bacini monumentali rivestivano la funzione pratica di collettori d'acqua, ma anche valenza rituale considerato che i Celti attribuivano caratteristiche divine alle fonti e all'acqua stessa. La stessa Sequana era considerata una dea e il santuario posto alle sue fonti era ricco di offerte votive. La progettazione e la direzione dei lavori di edificazione erano compiti di pertinenza dei druidi, per questo e' naturale aspettarsi che sia la scelta del luogo sia la forma e l'orientazione dovessero sottostare a criteri di natura rituale. E' naturale quindi aspettarci che l'Astronomia potesse aver rivestito qualche ruolo importante nella progettazione. Al di la' dell'orientazione eminentemente equinoziale della vasca posta alle sorgenti della Sequana In questa sede sono stati esaminati tre bacini rituali, quello di Bibracte quello di Argentomagus e quello posto alle fonti della Sequana. Il Bacino Monumentale di Bibracte Il "Bacino Monumentale" di Bibracte e' una vasca di forma ellittica costruita in pietra, destinata a contenere dell'acqua e costruita grosso modo intorno alla meta' del I secolo a.C. Geograficamente essa si trova al centro di quello che era l'Oppidum di Bibracte, la capitale dello stato degli Edui. La tribu' degli Edui rimase, salvo un breve periodo, alleata di Cesare durante tutta la guerra di Gallia. L'Oppidum di Bibracte e' frequentemente citato da Cesare nel "De Bello Gallico" e per quanto ci e' dato di conoscere, questa citta' fu sede durante il I secolo a.C. di una scuola druidica tra le piu' avanzate della Gallia. Diviziaco, consigliere di Cesare, era druido a Bibracte e sia Cesare che Cicerone lo descrivono come un uomo in grado di discorrere brillantemente di questioni naturali (Physiologia) con i migliori intellettuali romani. Ritornando al bacino, il suo asse maggiore e' lungo circa 11 metri e il suo asse minore e' lungo 4 metri. Secondo le misure, l'asse maggiore e' orientato 36.4 gradi ad est rispetto al meridiano astronomico locale, e questo implica che l'asse minore sia diretto verso un punto dell'orizzonte locale distante 126.4 gradi dalla direzione Nord del meridiano astronomico. Le prime ipotesi indicarono la possibilita' che l'asse minore della vasca rituale fosse diretto verso il punto dell'orizzonte dove il Sole sorgeva al solstizio d'inverno durante il I secolo a.C, ma da analisi piu' approfondite condotte con tecniche piu' moderne e sofisticate e' risultato invece che l'asse minore del bacino e' diretto, con pochissimo scarto, verso il punto di prima visibilita' della stella Antares quando e' in levata eliaca, cioe' il primo giorno di visibilita' all'alba poco prima del sorgere del Sole. Tale evento indicava la data della festa di Trinox Samoni e il conseguente inizio della stagione invernale e dell'anno celtico. Intorno al 50 a.C. la levata eliaca di Antares avveniva secondo i calcoli il giorno 23 Novembre del calendario giuliano all'alba del quale un osservatore posto presso il bacino monumentale vedeva la stella spuntare da dietro il monte Le Porrey, la maggior altura, poco piu' di 800 metri sul livello del mare, posta entro il perimetro dell'oppidum. Il fenomeno poteva anche essere osservato per riflessione sull'acqua proprio nel centro della vasca. Una volta riconosciuta l'orientazione astronomica possiamo mettere in evidenza quali furono i criteri costruttivi della vasca ellittica che sono emersi analizzando i dati raccolti. Tenendo conto del fatto che l'unita' di misura lineare usata dai druidi per progettare il bacino valeva circa 2 metri ci accorgiamo che il bacino misura 6x2 unita'. La planimetria suggerisce chiaramente che la forma ellittica era stata ottenuta intersecando due cerchi di raggio pari a 5 unita' ciascuno i cui centri furono posti a 8 unita' di distanza l'uno dall'altro. La cosa stupefacente e' che in questo modo la meta' dell'asse maggiore della vasca viene ad essere lunga 3 unita', la distanza tra il centro della vasca e il centro di uno dei due cerchi 4 unita' e il raggio di ciascuno dei due cerchi generatori vale 5 unita' realizzando cosi' il minimo triangolo rettangolo pitagorico. Infatti il triangolo rettangolo con cateti lunghi rispettivamente 3 unita' e 4 unita' possiede l'ipotenusa lunga esattamente 5 unita'. La scoperta di questa proprieta' dei triangoli rettangoli la dobbiamo alla scuola pitagorica durante il IV secolo a.C. L'importanza del bacino monumentale di Bibracte e' tra le altre cose proprio la dimostrazione che i druidi Edui conoscevano la Geometria pitagorica e la Matematica necessaria per eseguire i calcoli. Un risultato accessorio e' che l'asse maggiore del bacino e' lungo a meno di un piccolo errore, comprensibile considerati i mezzi a disposizione di allora, come il lato del pentagono inscritto in ciascuno dei due cerchi generatori ed e' noto che il numero cinque aveva un significato rituale per i Celti. La tecnica con cui il bacino monumentale di Bibracte fu progettato fu quindi quella di determinare sperimentalmente la direzione verso la quale era possibile osservare visualmente la levata eliaca della stella Antares piu' o meno nel periodo della festa di Trinuxtion Samoni, quindi fissata su quella direzione la posizione del centro del bacino fu ottenuta la posizione, per tentativi, dei centri dei due cerchi generatori di raggio pari a 5 braccia finche' venne ottenuto il triangolo pitagorico "3,4,5". Il profilo dell'intersezione tra i due cerchi forni' la forma richiesta per l'edificazione della vasca rituale. L'asse minore del bacino monumentale punta, nella direzione opposta, verso il punto dell'orizzonte fisico locale, posto tra i profili delle alture di Chemin de la Croix e del Bouquet de la Gravelle, in corrispondenza del quale tramontava il Sole al solstizio d'estate. Questo allineamento, permettendo la determinazione della data di solstizio, era di fondamentale importanza per i druidi in quanto la conoscenza del giorno in cui avveniva il solstizio permetteva di predire con esatezza la data della levata eliaca della stella Sirio che determinava la celebrazione della festa di Lughnasa e l'annuale assemblea delle tribu galliche. Durante l'eta' del Ferro la predizione era facile in quanto bastava aggiungere alla data del solstizio un mese lunare esatto, quindi ragionando utilizzando il calendario celtico, quale quello trovato a Coligny, bastava considerare lo stesso giorno del mese celtico seguente. L'asse minore del bacino permetteva quindi ai druidi di Bibracte la pianificazione di due delle quattro feste fondamentali celebrate dai Celti. I druidi di Bibracte non si limitarono solamente a costruire il bacino monumentale con criteri astronomici, ma molti altri reperti venuti recentemente alla luce mostrano che l'Astronomia era tenuta in grande considerazione nella citta' gallica.Il bacino monumentale di Argentomagus Il bacino monumentale di Argentomagus e' quasi contemporaneo di quello di Bibracte, ma la sua forma e' quadrata. Il bacino vero e proprio misura circa 4.5 metri di lato e si trova al centro di una gradinata in pietra che si stende per almeno 7 metri lungo ognuno dei quattro lati. La struttura quadrata risulta astronomicamente orientata infatti i due lati paralleli che puntano verso oriente sono diretti verso il punto dell'orizzonte locale dove durante il I secolo a.C. sorgeva la costellazione di Orione e in particolare la stella di prima grandezza Rigel. Una situazione analoga la troviamo anche nella disposizione del nemeton di Libenice in Boemia. Il lato perpendicolare il bacino e' diretto con notevole accuratezza verso il punto di sorgere di Capella, un'altra stella di prima grandezza il cui sorgere eliaco segnava per i Celti la data della festa di Imbolc. Le diagonali invece coincidono con alcuni punti notevoli solari e lunari. Infatti il Sole puo' essere visto sorgere lungo la diagonale NE-SW del bacino in prossimita' del Solstizio d'Estate, pero' con un certo errore rispetto all'allineamento astronomicamente rigoroso. Dal lato opposto puo' essere osservato il tramonto della Luna ad uno dei Lunistizi intermedi, evento che capita ogni 18.6 anni. I casi descritti in questa sede costituiscono solo un piccolisimo esempio di quanto l'osservazione del cielo era importante per i Celti. Nella letteratura epica irlandese troviamo un passo significativo relativo alle imprese giovanili di Finn, futuro capo dei Fianna, allevato dalla druidesse Bodhmall e Liath Luachra nella foresta di Slieve Bladhma. Quando ebbe l'eta' adatta per apprendere, Bodhmall e Liath Luachra lo introdussero ai sacri precetti, testualmente tradotto dall'irlandese antico: "...poi gli insegnarono tutti i segreti delle arti druidiche: le virtu' delle erbe, le abitudini degli animali del bosco e la loro voce, i nomi e le posizioni delle stelle nel cielo".

Potrete leggere il blog sul "premonitoraggio sismico attraverso la riattivazione del campo magnetico megalitico" nel sito “www.chatta.it “ al profilo di ATTILIUS, tra le righe vi sono le coordinate per rintracciare forum e interventi attraverso i quali negli ultimi tempi ho pubblicato il mio seminario, sulla genesi e sulla comune origine preistorica delle antiche religioni. Per le informative cercare nei motori di ricerca semplicemente "onfalos geodetici".